Come scegliere il pandoro
Il pandoro è uno dei dolci che fa pensare immediatamente alle feste: nonostante l’origine di questo dolce abbia una precisa connotazione geografica, oggi il pandoro è diffuso su tutto il territorio nazionale ed è, assieme al panettone, una presenza fissa sulle tavole natalizie.
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Sugli scaffali dei supermercati, nelle pasticcerie e nei negozi specializzati è possibile trovare un’infinità di pandori con marche, prezzi e farciture di tutti i tipi. Scegliere quale pandoro comprare può quindi diventare un’impresa abbastanza ardua anche per gli appassionati di cucina.
QualeScegliere ha deciso di approfondire questo argomento: ci siamo infatti chiesti quali sono le differenze tra i pandori più venduti? È possibile trovare anche nei supermercati dei prodotti di qualità? Ci sono dei dettagli che giustificano un prezzo maggiore o minore, oppure il costo del prodotto è legato solo alla marca? Per rispondere a tutte queste domande andremo a esaminare quali sono le origini di questo dolce e le sue caratteristiche principali.Come nasce il pandoro
Molto spesso, la storia di alcuni piatti della tradizione gastronomica italiana è circondata da leggende sulla loro origine e sul loro nome. Così come si narra che il panettone sia nato a Milano con il nome di “pan de Toni”, una leggenda analoga vuole che la ricetta e il nome del pandoro derivino dal “pan de oro”, un dolce consumato in epoca medievale dai nobili veneziani.
Di fatto non esistono testimonianze scritte a supporto di questa tesi, oppure di quella secondo cui l’antenato del pandoro sarebbe invece un altro dolce storico della tradizione veronese (e ancora venduto nelle pasticcerie locali sotto Natale), ovvero il nadalin. È vero che, come il pandoro, anche il nadalin ha una forma a stella e un impasto a base di burro, farina e uova, ma non è al nadalin che si è ispirato l’inventore del primo pandoro venduto con questo nome.
La ricetta del pandoro
Molti prodotti dolciari italiani, come i panettoni e le colombe, sono tutelati da un decreto ministeriale del 2005 che stabilisce il tipo e in alcuni casi il quantitativo di ingredienti necessari affinché possa essere usata la denominazione originale. Anche il pandoro è stato regolamentato: per ottenere questa denominazione si deve trattare di un prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto da fermentazione naturale, con forma a tronco di cono e sezione a stella ottagonale. La superficie esterna non deve avere una crosta (caratteristica invece tipica della colomba pasquale) e deve presentare una struttura soffice con alveolatura minuta e uniforme, e un aroma di burro e vaniglia.
Vediamo brevemente quali sono gli ingredienti indispensabili:- Farina di frumento;
- Zucchero;
- Uova di gallina fresche intere o solo tuorlo d’uovo, per un minimo del 4% di tuorlo;
- Materia grassa butirrica per un minimo del 20%;
- Lievito naturale da pasta acida;
- Aroma di vaniglia o vanillina.
Sono disciplinate dalla norma anche le fasi del processo produttivo: preparazione della pasta acida, fermentazione, preparazione dell’impasto, porzionatura, pirlatura (il processo con cui si dà a ogni porzione di impasto la sua forma tonda), lievitazione, glassatura, cottura, raffreddamento ed eventuale zuccheratura superficiale.
Altri ingredienti
Oltre agli ingredienti obbligatori ne troviamo altri che possono essere aggiunti a discrezione del produttore e che compaiono nella maggior parte dei casi sulle etichette dei pandori: latte e derivati, malto, burro di cacao, zuccheri, lievito di birra, zucchero impalpabile, aromi naturali e naturali identici, emulsionanti, nonché i conservanti acido sorbico e sorbato di potassio.
Ricordiamo poi che nella confezione del pandoro sono solitamente presenti una o più bustine di zucchero a velo, i cui ingredienti oltre allo zucchero sono amido di frumento e aromi/vanillina.
Ecco che allora il pandoro, un dolce talvolta poco apprezzato da chi preferisce gli impasti più ricchi come quello del panettone, si trasforma in un prodotto capace di accontentare anche i consumatori più golosi. Le grandi marche di prodotti da forno, oltre al classico pandoro di Verona, offrono perciò un ampio catalogo di pandori alternativi. Vediamo i più diffusi:
- Pandoro al cioccolato: il cioccolato è contenuto nell’impasto sotto forma di gocce o crema e può essere usato come base per la glassa. Questo pandoro si trova anche nelle varianti tartufato, gianduia e panna e cioccolato;
- Pandoro alla crema pasticciera: oltre a essere uno dei ripieni più amati per brioches e cornetti, la crema pasticciera (spesso anche aromatizzata con vaniglia e/o limone) è tra le farce più utilizzate per il pandoro;
- Pandoro al limoncello: negli ultimi vent’anni il liquore campano è diventato molto popolare sia a livello nazionale, sia internazionale, per questo è sempre più utilizzato per preparare la crema con cui riempire i dolci delle feste;
- Pandoro senza glutine: anche se non tutte le marche offrono pandori per celiaci nel loro catalogo, alcuni dei big (Bauli, Paluani e Motta) lo fanno, così come alcuni piccoli marchi meno conosciuti;
- Pandoro senza lattosio: anche chi è allergico o intollerante al lattosio non deve più rinunciare al piacere del pandoro. Bauli e Maina producono infatti i loro dolci anche in versione delattosata.
Come riconoscere un pandoro di qualità
Il decreto ministeriale del 2005 lascia davvero poco al caso per quanto riguarda la composizione dell’impasto. Una volta stabilito che tutti i pandori venduti con questa denominazione contengono lo stesso tipo di ingredienti, può quindi diventare complicato capire quale prodotto sia migliore, in particolare quando si confrontano pandori nella stessa fascia di prezzo.
Se quando si acquista un panettone o una colomba si possono ad esempio controllare le etichette e confrontare la percentuale di uvetta e canditi, oppure verificare la presenza di scorza di cedro, un prodotto semplice come il pandoro non si presta a questo tipo di raffronto. Leggendo la lista degli ingredienti si può tuttalpiù individuare la presenza di un ingrediente particolarmente pregiato (ad esempio Tre Marie utilizza burro francese AOP Charentes-Poitou) oppure la mancanza di coloranti e/o conservanti (solitamente segnalata dal produttore).
- Superficie esterna: il pandoro non deve avere la crosta né risultare unto. Assicuratevi che la colorazione sia dorata e uniforme e che la base non sia troppo scura (segno che il pandoro è stato cotto a una temperatura troppo elevata);
- Forma regolare: per legge il pandoro deve avere la forma di stella a otto punte ed è importante che queste siano ben definite. Inoltre, la struttura del pandoro dovrebbe risultare regolare e non afflosciata su un lato;
- Alveolatura: ovvero le bolle che si formano all’interno di un impasto e sono visibili al taglio. Quella del pandoro deve essere minuta e uniforme, mentre se è troppo grossa può indicare un’eccessiva idratazione o lievitazione;
- Aspetto della pasta: sempre a proposito di verifiche da effettuare dopo aver tagliato la prima fetta, è importante assicurarsi che la pasta del pandoro risulti soffice e abbia un bel colorito giallo;
- Gusto bilanciato: è importante che nel pandoro si sentano chiaramente il sapore del burro e le note di vaniglia. Sono inoltre da preferire i pandori dal gusto bilanciato, cioè privi di note acide o amare.
Le domande più frequenti sul pandoro
Cosa fare con il pandoro avanzato?
Il pandoro è un po’ come l’uovo di Pasqua: ogni anno se ne regalano o ricevono a decine, ma quando finiscono le feste ci si ritrova con tante confezioni aperte da consumare. Per fortuna, rispetto al panettone che contiene uvetta e canditi, il pandoro classico si presta maggiormente a essere riproposto in nuovi abbinamenti. Se non avete voglia di mettervi ai fornelli, l’opzione più semplice è quella di inzuppare il pandoro nel caffellatte a colazione oppure mangiare una fetta di pandoro e Nutella a merenda. A chi invece vuole utilizzarlo come base per altri dolci, ricordiamo che di fatto il pandoro può sostituire il pan di Spagna in qualsiasi preparazione che ne preveda l’uso: cake pops, torta mimosa, zuccotto o dolci in tazza con mascarpone. Si può persino fare il tiramisù al pandoro semplicemente sostituendo i savoiardi.
Se invece avete ancora un pandoro intero da smaltire, l’idea migliore è quella di tagliarlo a fette orizzontali e farcirlo con strati di crema a vostra scelta (pasticciera, al cioccolato, allo zabaione etc.). Per un effetto ancora più scenografico, consigliamo poi di impilare le fette con le punte disallineate dopo averle farcite.
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Quanto si conserva il pandoro?
Se il pandoro è stato prodotto artigianalmente o il produttore specifica che nella ricetta non sono presenti conservanti, allora andrà consumato entro circa un mese. In caso contrario, si potrà conservare il pandoro in un luogo fresco e asciutto per almeno tre mesi, a meno che la data di scadenza non sia più lontana. Se invece avete già aperto la confezione non lasciate passare più di una settimana per consumarlo.
Esiste il pandoro senza lattosio?
Come abbiamo già spiegato nella nostra guida, sul mercato esistono anche dei pandori senza lattosio. A produrli sono principalmente Bauli (che fa anche una versione con gocce di cioccolato), Maina e altri marchi per intolleranze alimentari.
Esiste il pandoro senza glutine?
I pandori senza glutine sono rari da reperire sul mercato, ma negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre di più. Sia Maina, sia Bauli producono un pandoro interamente gluten free, inoltre Bauli ne ha anche uno senza glutine e senza lattosio. Esistono inoltre piccoli brand specializzati in prodotti per intolleranze alimentari i cui panettoni senza glutine possono essere acquistati sulle piattaforme online o nelle catene di prodotti biologici.