Oggi il Global Positioning System, il GPS, è diffuso ovunque. Lo usiamo quotidianamente grazie agli smartphone, agli smartwatch e anche grazie ad appositi dispositivi per il tracciamento di oggetti, persone e animali.
Fedele compagno quando siamo alla guida, ha origini che risalgono ai primissimi anni Settanta, quando il dipartimento americano della Difesa (Department of Defense, DoD) si è dato da fare per realizzare un sistema di navigazione satellitare. Nel 1978 è stato lanciato il primo satellite (NAVSTAR) di un sistema diventato pienamente operativo nel 1993.
Nel 2000, l’allora presidente americano Bill Clinton, ha disposto che l’uso del GPS fosse esteso anche alla società civile senza restrizioni, dando così il via a un’evoluzione che ha avuto ricadute positive sulle telecomunicazioni, sulla navigazione e sul monitoraggio di risorse naturali.
Il funzionamento del GPS non deve trarre in inganno per la sua semplicità. Di fatto, fanno parte del sistema GPS decine di satelliti che inviano continuamente a delle torri di controllo i dati relativi alle rispettive posizioni.
Un dispositivo GPS (per esempio, uno smartphone) riceve le informazioni della posizione di diversi satelliti e, grazie alla triangolazione, viene collocato geograficamente.
Ma, per capire come avviene questo calcolo, è opportuno scomodare la fisica e la matematica.
Innanzitutto, è opportuno sapere che i satelliti GPS si trovano a 20.200 chilometri di altitudine seguendo orbite circolari divise su sei diversi piani. Sono inclinati di circa 55 gradi rispetto all’equatore, in modo che almeno quattro satelliti siano visibili da qualsiasi punto della Terra in qualsiasi momento.
Il funzionamento del GPS si basa su principi della fisica. Poiché i satelliti si muovono a velocità elevate e si trovano lontani dalla superficie terrestre, è necessario tenere conto sia degli effetti della relatività ristretta sia di quelli della relatività generale perché, per esempio, la gravità influisce sullo scorrere del tempo e questo scarto va ricalcolato continuamente, altrimenti il GPS sarebbe molto meno preciso nel determinare le posizioni, diventando così molto approssimativo quando non del tutto inutilizzabile.
Infatti, il GPS usa complessi algoritmi matematici per calcolare la posizione di un oggetto. Questi algoritmi si basano su un processo che richiede il calcolo della distanza tra il ricevitore GPS e almeno quattro satelliti.
Le distanze sono ottenute misurando il tempo che il segnale impiega a viaggiare dal satellite al ricevitore, un processo che richiede calcoli estremamente precisi che coinvolgono l’algebra lineare, la geometria euclidea e la trigonometria.
La rilevazione della posizione è possibile anche senza internet. Ciò significa che, per esempio, uno smartphone è in grado di tracciare posizioni grazie ai dati GPS senza connettività alla Rete.
Infine, anche se fatalmente, il GPS conferma la Legge di Amara secondo la quale si tende a sovrastimare sul brevissimo periodo le potenzialità di una tecnologia, sottovalutandone la gittata sul lungo periodo. Nato in sordina e ad uso esclusivo delle forze militari americane, il GPS ha impiegato decenni per diventare ciò che è oggi, una delle tecnologie a cui facciamo maggiore riferimento ogni giorno.