Cento anni fa è andata in onda la prima trasmissione radiofonica italiana. Oggi la radio è data per scontata, ne abbiamo una anche sul comodino ma è stata una conquista per chi, il 6 ottobre del 1924, ha scoperto un mondo nuovo.
Le prime parole trasmesse via radio sono oggi iconiche, una voce che sembra arrivare da una tecnologia remota e invece attualissima: “Uri, Unione Radiofonica Italiana: stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo”.
Nel 2023, stando ai dati forniti da Tavolo Editori Radio (TER), gli ascoltatori nel giorno medio in Italia sono stati 36,3 milioni, circa 2,5 milioni in più rispetto al 2022.
Una vecchietta, la radio, che si porta bene gli anni e che attira ancora un folto pubblico che la ascolta da casa, dal luogo di lavoro, mentre guida, ma anche tramite app per smartphone.
La radio si è adeguata ai tempi, passando da quella da salotto a quella di dimensioni ridotte (che i tifosi amavano portare allo stadio per conoscere i risultati delle altre partite) per poi evolversi e supportare, oltre alle onde radio, qualsiasi formato audio.
Censire le emittenti radiofoniche è complesso, perché esistono diverse web radio le quali, proliferando, hanno contribuito a tenere vivo l’interesse degli italiani con beneficio soprattutto per le decine di emittenti commerciali.
Un altro effetto positivo di internet tant’è che creare una web radio è abbastanza semplice e non prevede costi esosi, fermo restando che esistono leggi a disciplinare l’intero settore, comprese le norme sui diritti musicali.