Come scegliere il latte
Il latte rappresenta da millenni uno degli alimenti base della nostra dieta. Lo consumiamo a colazione assieme a cereali, muesli, biscotti o nelle bevande a base di caffè, ma anche per realizzare salse e prodotti da forno. Se in passato il latte era però ritenuto fondamentale per la nostra dieta in virtù dell’alto contenuto di calcio e proteine, negli ultimi anni ci si preoccupa sempre di più se questa bevanda sia davvero salutare, soprattutto se confrontata con le alternative di origine vegetale.
In questa pagina vogliamo perciò approfondire gli aspetti da tenere in considerazione quando si acquista del latte di origine animale a uso alimentare, soffermandoci in particolare sui valori nutrizionali del latte vaccino e sui diversi tipi di latte che è possibile trovare in commercio.
Produzione del latte
Nonostante il termine “latte” sia comunemente utilizzato per descrivere anche alcune bevande di origine vegetale, secondo un regolamento dell’Unione Europea si può definire latte soltanto il “prodotto della secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione”. Per questo motivo, termini come “latte di soia” o “latte di riso” sono usati in maniera impropria. Fanno però eccezione il latte di mandorla e il latte di cocco, entrambi legalmente riconosciuti. Quando si parla di latte ci si riferisce perciò al liquido ricavato da mammiferi domestici a un certo periodo di distanza dal parto (che cambia a seconda della specie).
Gli animali utilizzati per la produzione di latte sono principalmente le mucche, ma è possibile trovare in commercio anche latte ottenuto da pecore, capre, bufale e, in maniera ridotta, asine.Nonostante la produzione di latte a uso alimentare abbia avuto origine intorno all’VIII millennio a.C., questo veniva utilizzato esclusivamente per produrre yogurt, formaggio e burro. Fu infatti solo nel VI millennio a.C. che, grazie a una mutazione genetica, l’uomo sviluppò la capacità di digerire il lattosio (lo zucchero contenuto nel latte) in età adulta, caratteristica che lo distingue da tutti gli altri mammiferi.
Fino al XIX secolo l’unico prodotto diffuso in circolazione era il latte crudo, distribuito subito dopo la mungitura senza essere sottoposto ad alcun processo di lavorazione. A causa delle patologie legate al consumo di latte crudo, questo prodotto è andato progressivamente scomparendo e al giorno d’oggi può essere commerciato solo tramite vendita diretta e con l’indicazione “da consumarsi dopo bollitura”.
Tipi di latte
Per molti secoli, la natura deperibile del latte non ne ha permesso l’uso come bevanda lontano dalla fattoria in cui veniva prodotto. Ciò ha dato luogo allo sviluppo di tecniche diverse per assicurarsi sia periodi di conservazione più lunghi sia meno rischi per la salute. Vediamo quali sono e quali tipi di latte ne derivano.
Latte fresco
Il latte fresco è quello più facile da reperire nel banco frigo dei supermercati. La dicitura completa di questa bevanda è “latte fresco pastorizzato” e fa riferimento al procedimento termico a cui viene sottoposto. Con la rivoluzione industriale, infatti, si diffuse la produzione su larga scala di latte nei caseifici urbani e di conseguenza aumentarono le malattie (spesso mortali) trasmesse attraverso il consumo di latte crudo, come il tifo o la tubercolosi. Questo problema fu risolto grazie al processo di pastorizzazione, ovvero la distruzione dei batteri patogeni attraverso il calore, scoperto dal chimico francese Louis Pasteur nella seconda metà dell’Ottocento.
Per legge, il latte fresco deve essere consegnato entro 48 ore dalla mungitura allo stabilimento in cui verrà pastorizzato, ovvero riscaldato a circa 70 °C per circa 15 secondi e successivamente raffreddato a circa 4 °C per prevenire la proliferazione dei batteri che non sono stati eliminati durante il riscaldamento. Il latte venduto solo come “latte pastorizzato” (più raro) non viene consegnato al caseificio entro 48 ore dalla mungitura e ha un contenuto di proteine inferiore. Per quanto riguarda il gusto, le temperature raggiunte durante il processo di pastorizzazione sono relativamente basse e non influiscono in maniera decisiva sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finale.Un decreto ministeriale stabilisce inoltre che si possa definire “latte fresco pastorizzato di alta qualità” un prodotto che rispetti una serie di parametri relativi alla carica batterica, ai controlli degli stabilimenti e delle vacche, e al contenuto di siero, grassi (può essere venduto solo come latte intero) e proteine (che deve essere superiore al 3,2% del peso). In poche parole, si tratta di un latte mediamente più nutriente e che può essere considerato il prodotto di punta dell’industria del latte.
Latte UHT
Come abbiamo detto, i trattamenti industriali del latte si sono evoluti negli anni: sempre nel XIX secolo sono nati i processi di produzione del latte in polvere e di quello condensato, mentre nel XX secolo è stato sviluppato il trattamento UHT (Ultra High Temperature). Questa lavorazione è realizzata portando rapidamente il liquido a una temperatura di circa 140 °C per alcuni secondi e poi raffreddandolo altrettanto rapidamente fino a 15-20 °C. Dopo il trattamento, il prodotto è sigillato ermeticamente per mantenerne la sterilizzazione.
Rispetto alla pastorizzazione, questo processo (come vedremo meglio nella sezione apposita) prolunga il periodo di conservazione del latte e lo rende un po’ più digeribile, alterandone però il gusto in maniera lieve.
Latte microfiltrato
Negli ultimi anni è possibile trovare sulle confezioni di latte la dicitura “microfiltrato”. Si tratta di un processo relativamente recente che prevede la filtrazione del latte attraverso membrane ceramiche prima che questo venga riscaldato: questa filtrazione permette di trattenere i microbi che causano il deterioramento del latte, garantendo così un periodo di conservazione superiore a quello del latte fresco non filtrato.
Latte ad alta digeribilità
Abbiamo già parlato del fatto che, ad un certo punto dell’evoluzione umana, è avvenuta una mutazione genetica che ci ha permesso di sviluppare una tolleranza al lattosio. Tuttavia, la distribuzione di questa mutazione varia in base al gruppo etnico. È maggiore nelle popolazioni tradizionalmente dedite all’allevamento o abituate al consumo di prodotti caseari (in particolare i popoli nordeuropei) e inferiore o quasi assente nelle popolazioni la cui dieta è basata su altri alimenti base, come quelle del Sud-est asiatico.
Anche all’interno di gruppi con alta tolleranza al lattosio, però, questa capacità può variare da individuo a individuo. Sono molte infatti le persone che, spesso inconsapevolmente, non sono in grado di digerire correttamente il lattosio quando raggiungono l’età adulta. Ciò avviene a causa della carenza dell’enzima lattasi, che normalmente permetterebbe di scindere il lattosio in zuccheri semplici e perciò più facili da digerire.
È comunque importante sottolineare che i prodotti senza lattosio disponibili in commercio possono ancora contenere circa lo 0,01% di lattosio, poiché la rimozione di questo zucchero non è efficiente al 100%. Alcune persone con una sensibilità molto alta possono perciò avvertire sintomi anche dopo aver consumato prodotti in cui sono presenti tracce di lattosio e dovrebbero evitare completamente tutti i prodotti lattiero-caseari, compresi quelli senza lattosio.
Latte biologico
La denominazione di latte biologico non fa riferimento ai processi di lavorazione del latte dopo la mungitura, ma piuttosto a caratteristiche che riguardano l’allevamento e l’alimentazione delle mucche, secondo parametri disposti da un regolamento europeo.
Innanzitutto gli animali devono essere alimentati al pascolo o con mangimi biologici e privi di concimi chimici o additivi. Devono essere allevati in un ambiente salutare, ben aerato e in cui abbiano la possibilità di muoversi e sdraiarsi liberamente. Devono inoltre appartenere a razze autoctone e resistenti alle malattie, e non possono ricevere trattamenti medici a base di antibiotici, ormoni o sostanze chimiche.
Scrematura
Tutti avranno sentito parlare di latte intero, parzialmente scremato o scremato: si tratta di denominazioni che interessano tutti i tipi di latte non crudo finora esaminati e sono legate al contenuto finale di grassi.
La scrematura è un processo che avviene prima della sterilizzazione: attraverso la forza centrifuga, la parte grassa del latte (la panna) viene separata dalla parte magra e viene utilizzata per produrre burro o yogurt. Il latte intero non subisce alcun processo di scrematura, perciò il suo contenuto di grassi (circa 3,5%) rimane invariato. Nel latte scremato, invece, dopo la centrifugazione la panna viene rimiscelata con il latte magro ed è presente in percentuali molto ridotte (meno dello 0,5%). Nel latte parzialmente scremato la parte lipidica aggiunta dopo la centrifugazione va dall’1,5 all’1,8%.
Valori nutrizionali
Arriviamo quindi a parlare dei valori nutrizionali del latte vaccino. Il latte è una grande fonte di nutrienti: in nessun altro alimento sono contenute proteine e sali minerali in queste proporzioni. Proviamo perciò a riassumere i benefici scientificamente provati del consumo di latte:
- Le proteine contenute nel latte promuovono lo sviluppo muscolare e la densità ossea nei bambini e negli adolescenti, rispettivamente dai 2-5 anni di età e dai 12-18 anni. Una tazza di latte contiene circa 8 g di caseina e proteina whey, laddove il nostro fabbisogno proteico è di circa 1 g/kg peso corporeo;
- Una tazza di latte contiene quasi il 30% del fabbisogno giornaliero di calcio negli adulti (pari a circa 800 mg), nonché anche una buona dose di potassio e magnesio. Tutti questi minerali sono importanti per ossa e denti sani, ma a differenza di quanto si pensi non è mai stato dimostrato che il latte aiuti a prevenire o curare l’osteoporosi;
- Il latte è piuttosto ricco di riboflavina (vitamina B2) e, in particolare quello intero, di retinolo (vitamina A) e altre importanti vitamine del gruppo B. La vitamina D, fondamentale per la salute delle ossa, è contenuta in quantità modeste, ma per sopperire a un eventuale deficit è possibile acquistare il latte rinforzato con questo nutriente essenziale.
Le domande più frequenti sul latte
Per quanto tempo si conserva il latte?
Il latte fresco pastorizzato deve essere conservato in frigorifero a una temperatura di circa 4 °C e consumato entro massimo 6 o 7 giorni. Data la natura deperibile del latte fresco, chi ha bisogno di fare scorta di latte può invece orientarsi verso il latte UHT che, essendo sterilizzato ad alte temperature, potrà essere conservato a temperatura ambiente per circa 3 mesi e, una volta aperto, potrà essere tenuto in frigo per circa una settimana.
Una via di mezzo è rappresentata dal latte microfiltrato. Come abbiamo detto in precedenza, la microfiltrazione del latte ne riduce sensibilmente la carica microbica: per questo motivo il latte microfiltrato può essere conservato in frigo per massimo una settimana.
Quando si può dare il latte vaccino ai neonati?
I neonati non sono in grado di digerire il latte vaccino così facilmente come il latte materno o il latte artificiale, poiché il latte di mucca ha un alto contenuto di proteine e minerali che possono sovraccaricare i reni o l’apparato digerente del lattante. Inoltre, il latte di mucca non ha una quantità sufficiente di ferro, vitamina C e acidi grassi essenziali per i neonati. Per tutti questi motivi, è necessario attendere che il bambino o la bambina abbia raggiunto i 12 mesi di età prima di introdurre il latte vaccino nella sua dieta.
Il latte contiene glutine?
Il latte è un alimento assolutamente privo di glutine, che sia latte fresco o sterilizzato, intero o scremato. Non rappresenta perciò alcun rischio per la salute se si è affetti da celiachia o intolleranza a questo composto proteico.