La stampa in tre dimensioni permette di realizzare oggetti o componenti di vario tipo partendo da un semplice modello digitale in 3D sviluppato con particolari software. Nel tempo, questa tecnologia ha conosciuto una serie di innovazioni talmente rivoluzionarie da permettere di portare nelle case di molti utenti uno strumento un tempo estremamente costoso e raro. Oggi è infatti possibile acquistare stampanti 3D entry level in moltissimi negozi online investendo anche cifre estremamente contenute, inferiori rispetto a uno smartphone di media qualità. In questa guida all’acquisto cerchiamo di comprendere meglio i parametri da tenere in considerazione al momento dell’acquisto di una stampante 3D entry level.
Migliori stampanti 3D
Innanzitutto, è importante considerare il tipo di tecnologia utilizzata dalla stampante 3D. Ovviamente nel tempo ne sono state sviluppate diverse, ognuna in grado di utilizzare materiali differenti e di offrire risultati con livello di dettaglio (risoluzione) e dimensioni finali più o meno elevati. In tutti i casi, studi confermano che durante questo processo vengono rilasciati dei gas contenenti nanoparticelle tossiche per l’uomo e inquinanti per l’ambiente, in percentuali variabile a seconda del materiale e in quantità proporzionale alla temperatura di lavorazione, per cui è indispensabile posizionare la stampante in un ambiente aerato e dotarsi di mascherine protettive adeguate. Il processo avviene in autonomia da parte della stampante seguendo le istruzioni contenute nel modello 3D, dopo opportune impostazioni di parametri da parte dell’utente. In caso di parti sporgenti, può essere necessario l’uso di un supporto in fase di stampa. Una volta stampato il modello, può essere avviata la fase di post-lavorazione, che consente di ottenere l’oggetto finale.
Come funzionano le stampanti 3D FDM?
La prima ad essere largamente diffusa sul mercato è la cosiddetta stampante FDM (Fused Deposition Modeling), cioè per la modellazione a deposizione fusa. Questa prevede l’uso di un filo di materiale termoplastico che viene canalizzato dall’estrusore nell’area di fusione (hot end), perché venga squagliato quanto basta (estruso) e poi trasferito in un ugello (nozzle) in grado di muoversi normalmente nello spazio su tre assi (x, y, z) per deporre la sostanza, strato dopo strato, sul piatto di stampa. La solidificazione avviene grazie al raffreddamento dell’oggetto stampato a contatto con l’ambiente. Una volta ottenuto il prodotto, la post-lavorazione dipende dal materiale: può ad esempio consistere nella carteggiatura per diminuire le righine orizzontali tipiche della lavorazione a strati.
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Quali sono le stampanti cartesiane?
Le più diffuse FDM, appena viste insieme, sono le cartesiane. Sono quelle di forma cubica, chiuse oppure aperte, e in alcuni casi il piatto è mobile su uno o più assi. Test pratici hanno mostrato che eccellono nell’esecuzione di oggetti di media grandezza caratterizzati da linee rette. Nei casi in cui sono chiuse c’è una minore dispersione del calore e dei gas durante la fase di lavorazione, il che per alcuni materiali, come l’ABS, migliora la stampa, la sicurezza e i consumi. Per contro, il volume di stampa si riduce sensibilmente.
Cosa cambia dalle stampanti 3D delta?
Le stampanti 3D delta sono più ingombranti delle FDM cartesiane. Si sviluppano in verticale e l’ugello è installato su una base triangolare agganciata a un telaio, che con movimento agile crea l’oggetto sul piatto tondo e immobile. Stampano più velocemente, eccellono nelle linee curve e in precisione, ma perdono di definizione sui bordi esterni, perciò sono consigliate per oggetti più minuti.
Cosa sono le stampanti 3D polari?
Le polari sono le ultime arrivate, sfruttano il sistema di coordinate omonimo. Qui il piano ruota su sé stesso e si muove anche lungo un asse (x e y), mentre l’estrusore si muove solo in altezza (z). Può stampare oggetti più voluminosi che richiedano meno dettaglio, con minor rumore e dispendio energetico.
Quando è meglio una stampante LCD a resina?
Negli anni recenti sono diventate accessibili anche le stampanti a resina, solitamente oggetto gradito a chi ha inclinazioni manuali e artistiche, ad esempio nel mondo dell’artigianato e della gioielleria. La resina può essere stampata in 3D con macchine a tecnologia SLA, DLP oppure LCD, quest’ultima è la più comune tra le stampanti non professionali. L’LCD prevede l’uso di uno schermo a cristalli liquidi e il movimento solo sull’asse z per l’ottenimento di un risultato finale ad alta definizione.
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Esistono le stampanti alimentari?
Le stampanti alimentari hanno iniziato la loro vita commerciale nel 2015. Possono creare oggetti commestibili, ma ad oggi non sono in grado di gestire autonomamente la cottura dell’alimento. Il materiale più diffuso è dunque il cioccolato per la creazione di guarnizioni nelle cucine professionali, anche se in quelle più all’avanguardia gli chef utilizzano molti altri materiali, come formaggio, patate e altri preparati alimentari indurenti.
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Sono difficili da montare le stampanti 3D?
Le cosiddette stampanti kit sono le prime ad essere state lanciate. Queste devono essere assemblate direttamente dall’utente, il quale ha bisogno di una certa abilità manuale per montare correttamente i vari componenti, per cui vanno forte tra gli appassionati. Fortunatamente per i meno esperti, negli ultimi anni sono arrivate le pre-assemblate, il cui montaggio si limita all’avvitatura di qualche pezzo. D’altro canto, una stampante non smontabile non darebbe la possibilità di integrare parti aggiuntive o sostitutive per migliorare il proprio dispositivo, una volta che l’utente dovesse acquisire l’esperienza per farlo. Vanno anche considerati i materiali utilizzati per la scocca o per i pannelli su cui vanno montati i componenti della stampante. Nei modelli di fascia economica si possono trovare spesso supporti in legno, a volte molto sottili e che quindi non possono garantire una buona stabilità durante il processo di stampa. Dove invece esiste una struttura in metallo è ovviamente possibile godere di minori vibrazioni e, di conseguenza, ottenere un risultato migliore. Ecco anche spiegato perché il peso del dispositivo può essere un parametro da controllare in fase di acquisto.
Quanto è grande l’oggetto stampato in 3D?
Veniamo alle dimensioni massime della stampa, pur se sarebbe più corretto parlare di volume, espresso dai produttori generalmente indicando lunghezza, altezza e profondità. Sono un fattore da considerare soprattutto per chi desidera stampare oggetti di dimensioni medie o grandi. Ovviamente la maggior parte dei modelli in commercio accessibili a tutti gli utenti, escludendo dunque quelli professionali o utilizzati nell’industria, presenta alcune limitazioni in questo senso, raggiungendo circa i 22 cm in altezza, lunghezza e profondità, nei casi più straordinari si arriva ai 25 cm. Questo è dovuto in parte alle misure della stampante stessa, che spesso si aggira intorno ai 40-60 cm nelle tre dimensioni. Va sottolineato che a una fascia di prezzo più alta non corrispondono necessariamente dimensioni di stampa maggiori: spesso, infatti, sono altri i fattori che determinano un aumento o meno del prezzo.
Quanto ci si può spingere nel dettaglio con la stampante 3D?
Nel momento in cui si acquista una stampante 3D i fattori fondamentali da verificare sono la precisione (accuratezza) e la risoluzione, che determineranno la fedeltà dimensionale e il livello di dettaglio con cui verrà eseguito il modello in tre dimensioni. Alcuni dei parametri chiave che seguono vengono impostati dall’utente prima della stampa all’interno del modello (su file). Nel caso delle stampanti FDM si parla dei seguenti dati:
- Precisione di posizionamento dell’ugello, o sugli assi x, y e z, che indica sostanzialmente il margine di errore possibile nel posizionamento dell’estrusore sui tre assi. Il valore si aggira tra 0,1 e 0,3 mm nei modelli più economici, per arrivare a 0,025 o 0,011 mm in quelli di fascia più alta;
- Risoluzione, che riguarda lo spessore degli strati (layer) depositati sull’asse z. Più sono piccoli gli strati, maggiore sarà la risoluzione, ma più spessi gli strati, più veloce la stampa. Normalmente questo dato è nell’intervallo tra 0,05 e 0,4 mm e l’utente sceglie di volta in volta il preferito.
- Velocità di stampa, che viene indicata in millimetri al secondo. Infatti, nella stampa di un singolo oggetto si possono impostare dati molto variabili, con un intervallo che talvolta si aggira addirittura intorno ai 10-150 mm/s. Mantenendo nel modello 3D una velocità bassa per le parti più minute è possibile ottenere, più lentamente, risultati finali più precisi e con meno difetti, il che riduce la post-lavorazione. Adottando la velocità massima sarà possibile accelerare il processo.
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Perché l’ugello della stampante 3D è importante?
Normalmente anche il diametro dell’ugello avrebbe la sua influenza, dato che si traduce in risoluzione sugli assi x e y. Infatti, più è basso il millimetraggio dell’ugello, più alta è la risoluzione, ma aumentano anche il rischio di otturazione e il rallentamento del processo di stampa. Esistono ugelli dagli 0,1 agli 1,75 mm, ma quello in dotazione nelle macchine di fascia economica (sotto ai 1.000 €) di solito è da 0,4 o al massimo 0,3 mm. Dunque non è un parametro che prenderemo in considerazione in questa sede, perché sarà l’utente più esperto a montare l’ugello a seconda del risultato finale desiderato.
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Nel caso delle stampanti a resina la stampa è più precisa. La definizione di dettaglio è di 0,04 mm sugli assi x e y, e arriva anche a 0,01 mm sull’asse z, per una risoluzione nell’ordine dei 2K. Per quanto riguarda la velocità, trattandosi di un lavoro di precisione, si ha un processo più lento: in media la gamma è di 15-20 mm/s.
Perché scegliere una stampante 3D a doppio ugello?
In alcune macchine si trovano due ugelli (Dual Extruder), anziché uno, il che permette di utilizzare bobine con filamenti di colori o di materiali diversi, il che consente una varietà decisamente maggiore nella realizzazione delle proprie creazioni. Inoltre, talvolta i due ugelli possono essere usati per stampare due copie dello stesso oggetto.
Quali sono i formati di file per le stampanti 3D?
Anche chi ha familiarità con diversi software di modellazione in 3D deve fare i conti con una serie di caratteristiche che rendono un file più o meno compatibile con un processo di stampa in tre dimensioni. Non tutti i file sono infatti supportati dalle stampanti, che necessitano di un mesh poligonale (ovvero un reticolo che permette di identificare un oggetto nello spazio, che deve inoltre possedere vertici, facce e spigoli), di un modello che rappresenti un solido chiuso, senza superfici che si intersecano.
Il file G-code
Si tratta di un vero e proprio file codice per la stampante contenente il linguaggio di programmazione per darle le istruzioni, la cui creazione non è alla portata di tutti gli utenti. Per questo serve un software affettatrice, o slicer (si pensi a Cura, Slic3r, IdeaMaker, Pathio, Flashprint o Simplify 3D), che ha il compito di tradurre i file di stampa in file codice. Solo l’utente esperto potrà intervenire al suo interno per dare delle istruzioni più accurate, come la variazione sul riscaldamento del piatto da eseguire in certe fasi di stampa. A volte è incluso con la stampante, ma i software slicer sono scaricabili anche da Internet.
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File di stampa più comuni
I file contenenti i modelli compatibili con stampanti FDM e LCD a resina, invece, sono:
- .STL (Standard Triangulation Language to Layer), che è quello più diffuso e generalmente compatibile con la maggior parte dei modelli in commercio. Questo può essere gestito da software CAD, utilizzato per la prototipazione rapida, è molto semplice da generare e processare, ma va notato che non è estremamente preciso;
- .OBJ (Object), compatibile con moltissimi software di modellazione e generalmente utilizzabile solo con stampanti 3D di fascia media o alta;
- .DAE, (Digital Asset Exchange), sasato su XML, formato libero COLLADA (Collaborative Design Activity) del consorzio Khronos Group;
- .AMF, (Additive Manufacturing File), basato su XML, formato libero dell’American Society for Testing and Materials (ASTM). L’obiettivo dell’organizzazione ai tempi della sua creazione era il non invecchiamento dei file negli anni.
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Che materiale usa la stampante 3D?
Ogni stampante 3D può processare uno o più materiali. A seconda di quello che vogliamo fare con la nostra stampante avremo bisogno di un materiale o di un altro, inoltra ciascuna macchina può processare solo determinati materiali. Più materiali sono compatibili, più la stampante sarà costosa, perciò è importante capire quale materiale riteniamo indispensabile, tenendo conto dei seguenti fattori:
- Come vengono percepiti all’occhio, al tatto e anche all’olfatto. Materiali odorosi, in particolare, sono maleodoranti durante la lavorazione, materiali semitrasparenti possono raggiungere la trasparenza in post-lavorazione;
- Quali sono le loro proprietà meccaniche, determinanti per sapere quali funzioni potranno espletare gli oggetti stampati. Ad esempio, alcuni sono elastici e perfino gommosi, altri duri e resistenti, altri ancora sono o meno idonei al contatto con il cibo (pensiamo ai giocattoli);
- Facilità di lavorazione, per cui più saranno impegnativi, più saranno sconsigliabili al neofita. Ad esempio, nella stampa FDM più sono alte le temperature necessarie a scioglierli, più la lavorazione risulterà complessa. In quasi tutti i casi sarà indispensabile avere una stampante dotata di un piano di lavoro riscaldato che eviti al materiale uno sbalzo di temperatura troppo grande tra ugello e ambiente, poiché lo shock termico rischierebbe di causare una deformazione del prodotto finale (warping). In altri casi è utile rallentare la velocità di stampa o avere una ventola extra per gestire il processo di raffreddamento;
- Facilità di post-lavorazione, attività manuale che include la carteggiatura con carta abrasiva, la verniciatura, la lucidatura con smalti appositi, l’incollatura. Nella FDM serve ad eliminare le eventuali righine orizzontali create dalla lavorazione a strati, nella stampa a resina è un processo molto laborioso e include obbligatoriamente l’ulteriore irradiatura con lampade UV;
- Sostenibilità ambientale, perché alcune sostanze sono più o meno biodegradabili o riciclabili, ma nessuna è a impatto zero.
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Materiali termoplastici
Per la stampa FDM si parla di materiali termoplastici, cioè sostanze lavorabili grazie all’uso del calore, che vengono vendute al chilo in bobine di filamenti solidi dal diametro standard di 1,75 mm. Trattiamo in uno speciale a parte i materiali più diffusi per aiutare nella scelta d’acquisto, ma è bene notare che il mercato è vasto, dato che i vari produttori sono soliti affiancare ad essi anche dei mix non standard, più o meno innovativi.
Cosa cambia nella stampa 3D con le resine?
Le resine sono diverse, in quanto materiali sintetici liquidi che vengono venduti in diverse tipologie e colori. Sono utilizzabili esclusivamente con le stampanti 3D a resina perché solidificano solo se esposte ai raggi UV, per cui vanno anche protette dalla luce solare, il che spiega il coperchio arancione che contraddistingue queste stampanti e la ragione per cui è sempre meglio verniciare l’oggetto finale.
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Quali stampanti 3D permettono di avere sfumature multi-colore?
Recentemente sono state lanciate delle macchine con più ugelli che fanno colare 3 o 4 filamenti di colore diverso in maniera tale da creare alcune sfumature, con qualche margine di personalizzazione da parte dell’utenza.
Quali funzioni possono avere le stampanti 3D?
Quando si naviga nel mercato delle stampanti 3D economiche, meglio controllare la presenza o l’assenza di alcune funzioni molto utili, che sono:
- Pausa e ripresa di stampa: oggi quasi tutti i modelli permettono di riprendere la stampa da dove era rimasta, dato che memorizzano lo stato di avanzamento del progetto. Questa funzione è utile, ad esempio, in caso di blackout elettrici oppure se l’utente decide di mettere in pausa la stampa perché vede che sta subentrando un problema;
- Livellamento del piatto: importante per il risultato finale. Il piano, infatti, deve essere perpendicolare agli assi dell’ugello, oppure l’oggetto avrà dei problemi di adesione alla superficie. Per questo l’utente neofita dovrebbe preferire una stampante con l’allineamento automatico del piatto (auto bed level) rispetto a quello esclusivamente manuale;
- Temperatura del piatto: oltre all’allineamento, per l’uso di più materiali è importante anche poter calibrare la temperatura del piatto, perché influisce sull’adesione dell’oggetto. Una stampante che non consenta affatto di riscaldare il piatto è senz’altro di fascia incredibilmente economica.
Un’ulteriore funzionalità messa a disposizione da alcune stampanti 3D è la possibilità di effettuare altre operazioni, come incisioni laser su superfici e materiali di diverso tipo, aggiungendo di fatto un’opzione che permette un certo risparmio da parte dell’utente creativo.
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La stampante 3D deve avere connettività Wi-Fi?
La grande maggioranza delle stampanti 3D può essere connessa al proprio computer tramite un normalissimo cavo USB. Tuttavia, va segnalato che esistono modelli wireless che possono essere connessi tramite Wi-Fi, evitando ingombri e permettendo a diversi utenti di sfruttare la stessa stampante con la massima libertà. Alcuni possono anche essere controllati da applicazioni per dispositivi mobili che consentono una flessibilità ancora maggiore. Va infine segnalato che ormai svariate stampanti 3D dispongono anche di uno slot per scheda SD o Micro SD, su cui possono essere salvati i progetti da realizzare, evitando collegamenti diretti con il proprio computer.
Meglio una stampante FDM o a resina?
A chi non abbia mai stampato niente e non abbia una spiccata manualità consigliamo una stampante FDM di quelle che abbiamo messo in tabella nella nostra guida, magari iniziando con il materiale PLA. La stampante a resina di solito è quella prediletta da studenti di istituti artistici, appassionati di action figure e giocatori di ruolo.