Come scegliere la fotocamera reflex
Prima di addentrarci nell’esame di quelli che riteniamo i fattori fondamentali da considerare all’acquisto di una fotocamera reflex, dobbiamo fare una necessaria premessa. Intendiamo qui occuparci principalmente di modelli indirizzati al mercato consumer, per lo più escludendo apparecchi per professionisti dal costo di diverse migliaia di euro. Quelle che descriveremo qui e che recensiremo saranno in maggioranza fotocamere reflex di fascia media e bassa, che tuttavia rappresentano un passo avanti molto importante rispetto alle macchine digitali compatte.
Tipologia
Le popolari fotocamere reflex digitali a obiettivo singolo (DSLR, Digital Single-Lens Reflex), che dal 2000 hanno gradualmente sostituito le vecchie reflex a pellicola (fotocamere SLR, Single-Lens Reflex), sono oggi anch’esse in via di estinzione per causa delle fotocamere mirrorless. Abbiamo deciso di non trattare qui queste ultime, ma nella categoria delle macchine fotografiche digitali, perché si distinguono dalle tecnologie precedenti in quanto totalmente elettroniche, anche se è possibile cambiare gli obiettivi. Se ne state valutando l’acquisto, sappiate che per diretta conseguenza sono più facili da usare (prive di sistemi meccanici e mai a pellicola), lo scatto è silenzioso e hanno un corpo più leggero, che le rende facili da trasportare. Riassumiamo in tabella le principali differenze tra le reflex digitali trattate in questa guida, le DSLR, e quelle mirrorless:
DSLR | Mirrorless | |
---|---|---|
Dimensioni | Maggiori | Minori |
Mirino | Per lo più ottico | Per lo più elettronico |
Anteprima | Uguale alla percezione visiva | Uguale al risultato finale |
Autonomia batteria | Maggiore | Minore |
Autofocus soggetti in movimento |
Migliore | Peggiore |
Video | Peggiore | Migliore |
In questa guida, dunque, non ci occuperemo né delle mirrorless né delle cosiddette “fotocamere bridge“o “supezoom”, ma solo delle reflex in senso stretto.
1. Sensore
In una fotocamera reflex digitale la prima cosa che dovremmo considerare è il sensore, che sarà di dimensioni di gran lunga superiori rispetto a quelli degli smartphone e delle fotocamere digitali compatte. Nello specifico, il sensore è un chip fotosensibile che per la sua funzione sostituisce la pellicola in tutte le reflex digitali. Nelle reflex analogiche la luce in entrata nell’obiettivo andava infatti a impressionare una pellicola fotosensibile, mentre nelle macchine moderne ad essere “impressionato” è proprio il sensore.
Tuttavia, nelle reflex digitali la luce viene ancora incanalata attraverso un sistema interno di tipo meccanico-ottico, cioè fatto di lenti e specchi, senza alcuna intermediazione elettronica.
Il processore è il cuore delle fotocamere reflex digitali, ha il compito di tradurre le informazioni raccolte in immagini, così come di migliorare la qualità e il dettaglio della fotografia attraverso diversi algoritmi, come quello di riduzione del rumore. Il rumore è un effetto ottico impresso nello scatto finale, anche se in realtà non esisterebbe nell’inquadratura di partenza, disturba di fatto il risultato fotografico. Ad esempio è molto presente negli scatti a scarsa luminosità, sotto forma di uno specie di filtro (non scelto, ma imposto dalle circostanze) che aggiunge tanti granelli sull’immagine. Viene creato dal processore nel suo sforzo di consegnare uno scatto nitido, nonostante le insufficienti informazioni visive ricevute dal sensore. Riprenderemo questo concetto più avanti.
Le dimensioni del sensore
I sensori fotografici vengono prodotti in una certa varietà di formati. Quello di riferimento viene chiamato “full frame” e misura 35 mm di larghezza, la stessa misura di un fotogramma analogico dei vecchi tempi. Vi sono poi una serie di formati più piccoli, definiti “crop frame” proprio perché “ritagliati” entro le misure del sensore full frame. La tabella sottostante riassume quali siano i tipi di sensore in uso sulle fotocamere attuali:
Tipo | Misure | |
---|---|---|
Full frame | 36 x 24 mm | |
APS-H | 28,7 x 19 mm | |
APS-C | 23,6 x 15,7 mm (Nikon) | |
APS-C | 22,2 x 14,8 mm (Canon) | |
1.5" | 18,7 x 14 mm | |
Micro 4/3 | 17,3 x 13 mm | |
1" | 13,2 x 8,8 mm | |
1/1.2" | 10,7 x 8 mm | |
2/3" | 8,6 x 6,6 mm | |
1/1.7" | 7,6 x 5,7 mm | |
1/2.3" | 5,76 x 4,29 mm |
Su una fotocamera reflex si trovano sensori da Micro 4/3 in su, e in particolare su quelle di nostro interesse qui troviamo unicamente i Micro 4/3, gli APS-C e gli APS-H. Per trovare una fotocamera full frame dobbiamo infatti addentrarci nella fascia di prezzo più alta e nei modelli destinati ai fotografi professionisti.
Perché le dimensioni del sensore sono importanti? Perché da esse dipendono anche le dimensioni dei pixel che si trovano sul sensore stesso, e in generale più grande è il sensore, maggiore è la quantità di luce catturata, migliori saranno le foto scattate.
I pixel
In teoria, un maggiore numero di pixel corrisponde anche a un maggiore livello di dettaglio delle foto scattate, dunque commercialmente i produttori indicano la risoluzione di una macchina proprio con i suoi Mp (Megapixel). In realtà l’importanza del numero di pixel contenuti sul sensore è relativa alle dimensioni del sensore stesso: per quanto abbiamo appena detto, è ovvio che a parità di megapixel un sensore di grandi dimensioni offra una qualità fotografica superiore rispetto a un sensore di piccole dimensioni. È per questo banale motivo che una fotocamera compatta da 20 Mp scatta sempre e comunque foto più sgranate rispetto a una reflex da 20 Mp.
Tra gli appassionati di fotografia è acceso il dibattito sull’importanza del numero dei Megapixel: in molti sostengono che, per scattare buone foto, non sia assolutamente necessario un sensore da più di 16 Mp. Altri sostengono che il livello di rumore aggiunto dall’alta concentrazione di pixel non sia tale da annullare i vantaggi di un maggiore livello di dettaglio. A trarre vantaggio dalla confusione sono i produttori, che incoraggiano l’acquisto di macchine dal numero di Mp sempre più alto.Tra le fotocamere reflex della fascia di nostro interesse il conteggio dei Megapixel può andare indicativamente dai 16 ai 24: per trovare un conto maggiore dobbiamo salire sia di dimensione del sensore e passare alle full frame, il cui prezzo supera i 2000 €.
I tipi di sensore
Come avrete capito, il sensore è l’elemento più importante in una fotocamera, sia essa reflex o meno, per questo è normale che i produttori competano sul mercato proponendo ognuno le proprie tecnologie.
A grandi linee, le tecnologie da ricordare a proposito di sensori sono due: quella più datata dei sensori CCD (Charged-Couple Device), ormai non più adottata nelle fotocamere reflex, e quella più moderna dei sensori CMOS (Complementary Metal-Oxide Semiconductor), la cui presenza su queste macchine è ormai ubiquitaria. Tra gli esperti è opinione consolidata che, nonostante la tecnologia CCD sia notevolmente più lenta e dispendiosa dal punto di vista energetico, offra comunque un livello di rumore molto contenuto, e dunque una migliore qualità fotografica. D’altro canto, i sensori CMOS sono più veloci nel trasmettere le informazioni al processore e molto più efficienti dal punto di vista energetico, ma tendono a generare più rumore rispetto ai CCD.
Un gruppo di produttori (Panasonic, Olympus e Leica) usa poi sulle proprie fotocamere Micro 4/3 un sensore denominato MOS, LMOS o Live MOS: questo, sebbene alcuni sostengano generi meno rumore rispetto ai CMOS tradizionali e sia paragonabile per qualità fotografica ai sensori CCD, non si differenzia in realtà in maniera sostanziale dagli altri sensori CMOS. Infine, nel 2012 Sony ha rivoluzionato il mercato con l’introduzione dei suoi sensori CMOS retroilluminati (BSI), che si caratterizzano per la maggiore sensibilità alla luce, tanto che oggi Sony è anche fornitore di Nikon.
Sensibilità
Un discorso a sé merita anche la sensibilità del sensore di una fotocamera reflex. Se un tempo infatti il tipo di scatti da realizzare andava pianificato in anticipo, acquistando pellicole dalla sensibilità adatta, oggi è sufficiente variare la sensibilità del sensore per ottenere lo scatto desiderato. Quando si parla di sensibilità si intende la fotosensibilità, dunque la reattività dei pixel sul sensore all’impulso luminoso captato. Come vedremo, la sensibilità è solo uno dei fattori di controllo della luminosità, ma in generale possiamo dire che ISO bassi possono aiutare a non “bruciare” le foto più luminose, ad esempio gli scatti in spiaggia o sulla neve in una giornata molto assolata, mentre ISO alti aiutano ad ottenere foto “chiare” anche quando la luce è molto poca.
Nonostante quasi tutti i moderni sensori siano equipaggiati anche di sistemi specifici per la riduzione del rumore, non è possibile eliminare del tutto la “sgranatura” più o meno fine generata ad alte sensibilità.
In generale, tutte le reflex del tipo di cui ci occupiamo qui (da Micro 4/3 a APS-H) hanno una sensibilità minima di 100 ISO, mentre sulla sensibilità massima si riscontra una certa variabilità. I modelli di fascia più bassa, quelli considerati “entry level”, si aggirano di solito sui 13-14.000 ISO massimi. Quelli di fascia media si attestano sui 26.000 ISO, mentre i modelli di fascia più alta possono anche superare i 50.000 ISO.
I processori
Dicevamo che a valle del sensore si trova il processore, responsabile della conversione del segnale raccolto dal sensore in un’immagine. Anche questo è un ambito in cui c’è molta competizione tra i principali costruttori (Nikon, Canon e Sony), ognuno dei quali produce la propria linea di processori d’immagine con una costante ricerca volta a ridurre sempre di più le tempistiche dell’elaborazione. La ricerca di maggiore velocità va di pari passo all’aumentare negli anni del numero di Mp: un maggior numero di punti richiede infatti maggiore “lavoro” al processore per la generazione dell’immagine, dunque un costante aggiornamento della potenza di calcolo si rende necessario.
Ogni produttore adotta una nomenclatura propria per i processori che utilizza, ma non sono note esattamente le specifiche dei chipset utilizzati, né la loro effettiva velocità. Nello specifico, ecco i processori dei quattro maggiori produttori, capaci di scattare/videoregistrare in 4/8K:
- Canon Digic X, arrivato nel 2020;
- Sony Bionz XR, lanciato nel 2020;
- Nikon Expeed 7, presentato nel 2021;
- Pentax Prime, solo sui modelli della serie K.
Come è ovvio, i processori delle generazioni più recenti sono quelli più veloci, per cui se vogliamo fare caso a questo parametro ci conviene documentarci sulle generazioni e capire quanto “nuovo” sia il processore montato su un modello di nostro interesse.
Una nota sui file di output
Il risultato del lavoro del processore è il file video o fotografico di output, la foto o il filmato che possiamo elaborare, montare, stampare o mettere online. Tra le macchine di cui ci occupiamo non ci sono sostanziali differenze in termini di formato di file: praticamente con tutte le reflex, anche entry level, è possibile scattare in raw (formato non compresso) o in .jpeg (compresso), mentre i video vengono tipicamente prodotti in MPEG-4 o H.264.
In termini di risoluzione massima non vi è un grosso scarto anche a fronte di significative differenze nel conto di Mp: un sensore da 18 Mp corrisponde all’incirca ad una risoluzione fotografica di 5000 x 3500 pixel, mentre uno da 24 Mp corrisponde a 6000 x 4000 pixel. Nessuna differenza invece nella risoluzione video: tutte le macchine nella fascia di nostro interesse registrano infatti in Full HD, ovvero a 1080 p. Le differenze si riscontrano negli fps di registrazione a questa risoluzione: i modelli di fascia bassa non vanno oltre i 30 fps (30p), mentre i migliori offrono anche un’impostazione a 60 fps (60p), più indicata per le riprese di soggetti o scene con movimento rapido.
2. Obiettivo
Un altro componente essenziale della fotocamera reflex è l’obiettivo.
Come i più sapranno, le fotocamere reflex sono macchine ad obiettivo intercambiabile: questo significa che, volendo, è possibile acquistare e utilizzare diversi obiettivi, dalle diverse lunghezze focali ed aperture, per ottenere scatti di un certo tipo con ciascuno di essi. Vuol dire anche, come i più esperti già sapranno, che è possibile acquistare anche solo il corpo di una macchina reflex, su cui montare eventuali obiettivi compatibili già in nostro possesso, anche datati. Inoltre, una fotocamera reflex può venire commercializzata in diverse versioni, chiamate “bundle”, in cui allo stesso corpo macchina si associano obiettivi diversi o, in alcuni casi, una coppia di obiettivi.
Lunghezza focale
La prima e più evidente caratteristica che differenzia un obiettivo da un altro è la lunghezza focale, che banalmente altro non è che la lunghezza stessa dell’obiettivo. Questa, ad eccezione degli obiettivi a focale fissa, è sempre variabile e viene dunque indicata con un valore massimo ed uno minimo in millimetri. In fotografia, però, è convenzione stabilire un’equivalenza tra la lunghezza focale effettiva e quella rapportata ad un sensore full frame. Lo stesso obiettivo montato su fotocamere dai diversi sensori, infatti, permette di ottenere un livello di zoom diverso. Facciamo un esempio con l’ausilio di questa illustrazione:
Nel caso del Micro 4/3 il crop factor è di 2.0, dunque dobbiamo moltiplicare per due la lunghezza focale effettiva: quella minima di 18 mm diventa 36 mm e quella massima di 55 mm diventa 110. Una macchina full frame, per ottenere lo stesso zoom, dovrebbe dunque montare un obiettivo da 36-110 mm.
Perché è importante la lunghezza focale?
La lunghezza focale di un obiettivo determina l’angolo visuale abbracciato dalla lente, e dunque lunghezze diverse sono adatte a scatti diversi.
L’immagine qui sopra illustra bene cosa intendiamo. Gli obiettivi dalle focali più corte sono definiti “Wide” o “Ultra Wide”, proprio perché abbracciano un campo visivo anche significativamente più ampio rispetto a quello abbracciato dall’occhio umano. Sono dunque obiettivi particolarmente indicati per gli scatti paesaggistici e in generale di ampio respiro. Al contrario, le focali lunghe (anche dette “Tele”) hanno un campo visivo anche molto ristretto e sono dunque più indicate per le foto di particolari di un soggetto o di un paesaggio, oppure per la ritrattistica.Apertura
All’interno dell’obiettivo è contenuto un diaframma il cui compito è quello di regolare la quantità di luce che deve arrivare a colpire il sensore. L’apertura del diaframma è detta pupilla, dato che il suo compito è analogo a quello della pupilla umana, e ciascun obiettivo ha un’apertura massima e una minima. Su ciascun obiettivo troverete indicata sempre l’apertura massima alla lunghezza focale minima e alla massima.
L’apertura si esprime in numeri f, detti anche “stop“. Anche se controintuitivo, ai numeri f inferiori corrisponde una maggiore apertura della pupilla, mentre a quelli più alti corrisponde una pupilla più stretta. L’illustrazione qui sopra traduce in immagini quanto abbiamo appena detto.Perché è importante l’apertura?
Giocando con l’apertura della pupilla possiamo ottenere principalmente due cose. Da un lato, quando scattiamo in condizioni di luce scarsa, tenere un’apertura ampia permette di collezionare più luce e dunque di ottenere immagini meglio distinguibili. Dall’altro, più l’apertura è ampia più breve è la distanza focale, e viceversa più stretta la pupilla più lunga la distanza focale.
Se vogliamo ritrarre un soggetto lasciando lo sfondo sfumato, allora, dovremo usare un’apertura ampia, mentre se vogliamo tenere a fuoco tutta la scena è necessario ricorrere ad aperture molto piccole. Gli esempi qui sopra illustrano bene la differenza che si ottiene aprendo il diaframma.Una nota sull’autofocus
L’autofocus, come suggerisce il nome, è un sistema di messa a fuoco motorizzato. L’automazione di questa operazione richiede la presenza di un motore che muova le lenti all’interno dell’obiettivo: nella schiacciante maggioranza dei casi, questo motore non si troverà all’interno del corpo macchina, bensì sarà integrato nell’obiettivo. Poiché non si tratta ancora di una regola universale, però, consigliamo di fare attenzione al momento dell’acquisto: ad una macchina priva di motore interno bisognerà sempre associare un obiettivo con motore integrato, altrimenti si sarà costretti a mettere a fuoco sempre manualmente, ruotando la ghiera dell’obiettivo.
Gli obiettivi in bundle
La stessa fotocamera reflex, come dicevamo, si può acquistare in diversi “pacchetti” chiamati “bundle”, che differiscono per accessori, garanzie e obiettivi in dotazione, oltre che naturalmente per il prezzo. Fermo restando che è sempre possibile acquistare il solo corpo macchina, una scelta preferita da chi ha già diversi obiettivi e desidera solo passare ad una macchina di qualità superiore, vi sono solitamente almeno due bundle alternativi per ciascun modello. Vediamo qui di seguito i tre obiettivi che più comunemente si trovano in bundle con una fotocamera reflex.
Obiettivo 18-55 mm
In assoluto il più comune degli obiettivi in bundle, quello considerato “entry level” e compreso nei pacchetti più economici, è quello da 18-55 mm di lunghezza focale. La qualità dell’obiettivo in sé è in generale buona: si tratta in tutti i casi di lenti stabilizzate con sistema ottico e per lo più con motore interno per l’autofocus. I limiti sono dati dalla lunghezza focale tutto sommato ridotta, che limita di molto il livello di zoom. Per questo tra i fotografi esperti la lente 18-55 mm non è considerata eccellente in nessuna applicazione, sebbene sia sufficientemente versatile per imparare le basi della fotografia. In particolare può essere molto educativo usare questo obiettivo per imparare le differenze tra aperture ampie e aperture strette, dunque a giocare con la profondità di campo e, con qualche accorgimento, con le macro (scatti da distanza molto ravvicinata).
Obiettivo 18-105 mm
Rispetto alla lente “base” da 18-55 mm, una lente da 18-105 mm ha ovviamente una maggiore profondità di zoom e si propone dunque come obiettivo più versatile, che permette quindi una maggiore varietà di scatti. Il costo è però superiore, dunque i bundle con questa lente in dotazione sono per forza di cose più costosi. Questo è considerato un obiettivo ideale per il viaggio e per tutte quelle situazioni in cui manca il tempo per cambiare obiettivo a seconda dello scatto: data la versatilità, è facile ottenere diverse composizioni senza cambiare lente. Il solo produttore di questi obiettivi è al momento Nikon.
Obiettivo 18-135 mm
Un altro obiettivo piuttosto comune da trovare in bundle è quello da 18-135 mm, che ovviamente si propone come il più versatile tra quelli qui presi in considerazione, in forza della maggiore lunghezza focale. Un obiettivo di questo genere permette sia di comporre scatti di ampio respiro al minimo della lunghezza focale, sia di zoomare su un dettaglio o comporre un ritratto. Quello che può risultare scomodo è il peso e l’ingombro di una lente come questa, che è chiaramente più lunga e più pesante rispetto alle altre due qui menzionate.
Si tenga comunque presente che quasi sempre gli obiettivi in bundle hanno un’apertura massima di f/3.5, che non è in realtà un valore particolarmente buono: in generale, si considerano migliori le lenti con un’apertura massima più grande, dato che possono catturare più luce e più luce si traduce molto semplicemente in foto migliori. Tenetene dunque conto quando il vostro obiettivo “di base” vi avrà insegnato tutto quello che aveva da insegnare e vorrete passare a lenti migliori.
3. Messa a fuoco
Il sistema di messa a fuoco di una fotocamera reflex, come abbiamo accennato, è completamente automatizzato, anche se è sempre possibile cimentarsi anche nella messa a fuoco manuale quando desiderato. A proposito di messa a fuoco vi sono alcuni aspetti di cui vale la pena parlare, in primo luogo i punti e il sistema di messa a fuoco.
I punti
Il numero e tipo dei punti di fuoco presenti su una fotocamera reflex sono molto importanti per la precisione della messa a fuoco. Mentre le fotocamere di fascia bassa possono avere anche soltanto un punto di messa a fuoco centrale, le migliori macchine ne hanno almeno 45: questo vuol dire che, con una buona macchina, possiamo selezionare diversi punti di messa a fuoco per ottenere un risultato più preciso, mentre con una macchina entry level possiamo fare affidamento su una sola rilevazione. I diagrammi qui sotto illustrano la differenza tra una macchina a 9 punti di fuoco e una a 45.
I tipi di sensore sono invece due: a linea verticale e a croce. Quelli a linea verticale sono i più semplici, e rilevano il contrasto solamente all’interno di una piccola porzione a forma appunto di barra verticale. I punti a croce invece sono più accurati poiché rilevano il contrasto all’interno di un’area a forma di croce o di +, raccogliendo dunque un numero maggiore di informazioni.
Il sistema
I sistemi di messa a fuoco si basano sull’azione combinata di un sensore e di un processore dedicati, che per lo più valutano il livello di contrasto nel punto di messa a fuoco scelto e regolano la distanza focale di conseguenza. La nitidezza del contrasto in un dato punto, cioè, viene presa a misura della messa a fuoco del soggetto: questo sistema di messa a fuoco è il più diffuso e viene definito “passivo”.
Un altro sistema, definito “attivo”, prevede l’uso di un raggio luminoso o a infrarossi per illuminare il soggetto e permettere il rilevamento del contrasto. L’uso dell’autofocus attivo è raccomandato però solo per i soggetti immobili e scarsamente illuminati, dato che rallenta di molto la messa a fuoco ma aiuta l’operazione quando il contrasto nel punto di fuoco non è sufficiente.
Modalità e aree di messa a fuoco
Le fotocamere reflex hanno diverse modalità di messa a fuoco, da utilizzare a seconda del tipo di soggetto o di scena che si stanno fotografando. Sono sostanzialmente tre modalità che si trovano su tutte le reflex: riportiamo qui i nomi assegnati loro dai due più importanti marchi, ovvero Canon, Nikon e Sony.
- One Shot AF (Canon)/AF-S (Nikon e Sony): modalità per gli scatti singoli di soggetti o scene statiche. La messa a fuoco avviene su un punto singolo;
- AI Servo (Canon)/Continuous o AF-C (Nikon e Sony): modalità per lo scatto di soggetti in movimento. Analizza e prevede il movimento del soggetto, così da tenerlo a fuoco nonostante il moto;
- AI Focus AF (Canon)/AF-A (Nikon e Sony): modalità automatica per i principianti. Si trova solo sulle fotocamere entry level e passa in automatico dall’una all’altra modalità qui sopra descritte.
L’area di messa a fuoco ha invece a che vedere con l’uso che possiamo fare dei punti di fuoco a nostra disposizione: anche in questo caso le principali modalità tra cui scegliere sono sostanzialmente tre.
- Punto singolo: il fotografo sceglie un solo punto di fuoco tra quelli a disposizione;
- Gruppo di punti: possiamo scegliere manualmente un gruppo di punti di fuoco;
- Automatico: in questo caso la macchina sceglie da sola i punti di fuoco, basandosi su algoritmi che riconoscono ad esempio la presenza di visi o di oggetti nell’inquadratura.
Imparare a usare tutte le opzioni a disposizione per la messa a fuoco, sia le modalità sia le aree di fuoco, è importante per riuscire a realizzare gli scatti di nostro interesse. È impensabile, ad esempio, riuscire a scattare buone foto di animali o atleti in movimento senza un uso oculato della modalità di fuoco continua.
4. Luce
Abbiamo già avuto modo di vedere nella nostra trattazione, fino a questo punto, come i parametri fondamentali della fotografia riguardino la gestione e l’acquisizione della luce: abbiamo valutato che ruolo giocano ad esempio la sensibilità del sensore e l’apertura dell’obiettivo. Il terzo parametro che entra in gioco nello scatto fotografico è però la velocità dell’otturatore o tempo di esposizione, vale a dire il periodo di tempo in cui l’otturatore rimane appunto aperto permettendo alla luce di passare e raggiungere il sensore, “impressionandolo”. Più lunga è l’esposizione, maggiore è la quantità di luce che raggiunge il sensore, e viceversa più breve l’esposizione, meno luce raggiunge la superficie fotosensibile.
Variare il tempo di esposizione permette di realizzare particolari tipi di foto: ad esempio, la fotografia “star trail” (di cui vediamo un esempio qui sopra) richiede espressamente tempi di esposizione molto lunghi, così che il moto della volta celeste possa generare le caratteristiche scie luminose nell’immagine, e lo stesso vale per tutte quelle fotografie in cui si voglia ottenere un effetto “scia luminosa”, come una foto notturna di una strada molto trafficata. Uno scatto notturno o comunque buio di una scena perfettamente immobile, come l’interno di una stanza, richiede anch’esso un tempo di esposizione molto lungo: in questo caso non si genererà alcun effetto scia, semplicemente un tempo lungo permetterà di collezionare sufficienti informazioni luminose per generare un’immagine chiara.
Le fotocamere reflex di cui ci occupiamo qui non differiscono sostanzialmente per i tempi di esposizione massimi, che si attestano per tutti i modelli sui 30 secondi, mentre riscontriamo differenze nei tempi di esposizione minimi. Questi vanno da 1/4000 s nei modelli di fascia bassa a 1/8000 s in quelli di fascia alta: un dimezzamento della velocità dell’otturatore che si traduce in scatti più precisi dei soggetti in movimento anche molto rapido.
Modalità di esposizione
La quantità di luce che arriva al sensore è dunque il frutto dell’azione combinata della pupilla dell’obiettivo e dell’otturatore: la prima regola l’ampiezza del fascio luminoso che giunge al sensore, la seconda il periodo di tempo concesso alla luce per impressionare la superficie fotosensibile. Le moderne fotocamere reflex sono dotate di quattro cosiddette “modalità di esposizione” che corrispondo a diversi livelli di controllo su queste due impostazioni: apertura della pupilla e velocità dell’otturatore. Vediamo nel dettaglio che cosa cambia dall’una all’altra modalità.
Modalità | Nome | Descrizione |
---|---|---|
P | Programma auto | La macchina gestisce autonomamente apertura ed esposizione per ottenere un risultato bilanciato |
A/Av | Priorità apertura | Il fotografo può gestire manualmente l’apertura della pupilla, la macchina regola in automatico l’esposizione |
S/Tv | Priorità otturatore | Il fotografo gestisce manualmente il tempo di esposizione, la macchina regola di conseguenza l’apertura dell’obiettivo |
M | Manuale | Il fotografo gestisce personalmente sia l’apertura dell’obiettivo, sia il tempo di esposizione |
È evidente che le prime tre modalità siano adatte a chi ha bisogno di imparare a gestire apertura ed esposizione perché alle prime armi, mentre la modalità manuale è adatta ai fotografi esperti, che possono scegliere anche un effetto sovra o sottoesposto per dare un tono particolare ai propri scatti.
Alcune fotocamere reflex, in particolare quelle espressamente destinate ai fotografi principianti, possono avere una ulteriore modalità di scatto completamente automatizzata: in questo caso il fotografo si occupa unicamente di comporre lo scatto e la macchina regola in automatico non solamente apertura ed esposizione, ma anche gli ISO, il bilanciamento del bianco e qualunque altra impostazione prevista dalla macchina.
Modalità scena
Pressoché tutte le fotocamere reflex sono dotate anche di un ventaglio di “scene” preimpostate che facilitano, soprattutto ai principianti, la composizione di scatti particolari. In parole povere, la fotocamera è dotata di una serie di settaggi preimpostati a seconda del tipo di scena o soggetto che si vogliono immortalare: la differenza rispetto alle modalità di esposizione di cui abbiamo appena parlato è che qui non vengono gestiti solo apertura e otturatore, ma anche tutti gli altri parametri.
Il numero di “scene” preimpostate può variare di molto da modello a modello: ad esempio, una macchina entry level che sia dotata della modalità completamente automatica menzionata sopra non permette al fotografo di scegliere tra le diverse scene, ma fa una selezione automatica. In altri casi, i modelli più economici permettono la selezione di un numero limitato di scene, con solitamente meno di 10 opzioni.Salendo con il prezzo aumentano anche le scene preimpostate a disposizione del fotografo: indicativamente, le macchine di fascia media offrono una dozzina di scene, mentre i modelli più sofisticati superano le 16 scene.
Il flash
Sarebbe incompleto chiudere questo lungo paragrafo sulla gestione della luce senza parlare del flash, che è uno strumento molto importante per illuminare una scena in cui manca luce naturale, o per compensare alcune ombre che semplicemente non vogliamo riprodotte nelle nostre foto.
Tutte le fotocamere reflex hanno un flash incorporato, quasi sempre del tipo a scatto come quello qui sotto, che si solleva solo quando l’illuminazione a flash si rende necessaria o è attivata. Allo stesso modo, su tutte le fotocamere reflex è possibile montare un flash esterno, più grande, luminoso e con una portata maggiore, utile in particolari tipi di fotografia. Mentre la portata e la velocità dei flash incorporati non cambia in maniera significativa attraverso le varie fasce di prezzo, quella che è più o meno ricca è la pletora di modalità presenti su una macchina. Su tutte le macchine reflex si trovano infatti come minimo quattro modalità del flash, che definiremo “di base”, tra cui scegliere:
- Automatica: in modalità automatica la macchina determina se e quando utilizzare il flash in base alla luminosità rilevata;
- Fill flash: anche detta “flash forzato”, questa modalità aziona il flash ad ogni scatto, ed è utile per illuminare le ombre in scene complessivamente bene illuminate;
- Occhi rossi: questa modalità aziona il flash diverse volte prima dello scatto per forzare la chiusura della pupilla del soggetto, così che al momento della scatto la retina non rifletta la luce creando così l’effetto occhi rossi;
- Spento: con questa modalità si tiene il flash sempre spento, anche quando si scatta in condizioni di poca luce.
Più avanzata è la fotocamera, maggiore è il numero di ulteriori modalità flash disponibili. Riportiamo qui di solito alcuni esempi comuni che si possono trovare su reflex di gamma medio-alta:
- Bassa potenza: questa modalità abbassa l’intensità del flash del 50% o più, e serve quando si ha bisogno di illuminare delle ombre senza sovraesporre il soggetto in primo piano;
- Slow synch: da usare nella fotografia notturna, per illuminare un soggetto in primo piano mentre l’esposizione lunga cattura anche i dettagli dello sfondo;
- 2nd curtain: variante della precedente, colloca il flash alla fine dell’esposizione anziché all’inizio, ottenendo risultati diversi;
- Fast synch: per ottenere i benefici del flash anche a quelle velocità dell’otturatore più veloci di quella del flash, la macchina aziona il flash svariate volte in rapida successione;
- Manuale: in questo caso è il fotografo a decidere non solo se usare o meno il flash, ma anche a che velocità e a che punto dell’esposizione.
5. Composizione scena
Non possiamo naturalmente evitare di parlare anche del sistema di puntamento di una fotocamera reflex, dato che la buona riuscita della fotografia dipende dal grado di accuratezza con cui possiamo inquadrare e scattare le nostre foto. Per questo dobbiamo parlare del mirino delle fotocamere reflex e del display LCD di cui tutte sono equipaggiate, che può anch’esso venire usato per inquadrare il soggetto.
I tipi di mirino
Sono sostanzialmente tre i tipi di mirino che si possono trovare su una reflex: il mirino elettronico, quello ottico e il cosiddetto reflex.
Di contro, il mirino ottico si serve di un prisma ottico per convogliare nell’oculare l’immagine “vista” dalla lente, e non richiede dunque alcun dispendio energetico. La sezione qui sopra mostra con evidenza il pentaprisma in questione. Il significativo vantaggio di un mirino ottico è la risoluzione, dato che l’immagine viene osservata direttamente dal nostro occhio e non elaborata da un display elettronico. Il costo di questo tipo di mirino è però in generale superiore, comportando l’uso di superfici ottiche di precisione, e anche il peso è decisamente sostenuto. Questo tipo di mirino è più comune nelle reflex digitali DSLR.
Infine, il mirino reflex simula invece il gioco di riflessioni tipico del prisma ottico, utilizzando però superfici specchiate anziché un solido di vetro. Questo permette sia di tenere basso il peso, dato che gli specchi sono decisamente più leggeri rispetto a un prisma in vetro, sia di contenere il prezzo e il consumo di batteria. Non sorprende che moltissime reflex anche di gamma alta adottino questo tipo di soluzione: la qualità è vicina a quella di un mirino ottico con in più i vantaggi appena citati.
Ingrandimenti
Che la nostra macchina reflex monti un mirino elettronico o uno ottico, tra le sue specifiche troveremo sempre il fattore d’ingrandimento. Tecnicamente sarebbe corretto chiamarlo fattore di rimpicciolimento, dato che questo numero che ora vedremo esprime quanto più piccola l’immagine nel mirino appare rispetto alla visuale ad occhio nudo.
Copertura
Quando parliamo di copertura intendiamo parlare di quanta parte dell’immagine effettivamente inquadrata dalla lente viene riprodotta dal mirino. Può infatti capitare, per motivi costruttivi, che il mirino di una fotocamera reflex “tagli” in qualche modo una porzione più o meno significativa del bordo esterno dell’immagine. Attenzione: questo non significa che anche le foto saranno tagliate, anzi non è proprio questo il caso, ma solamente che l’anteprima visualizzata nel mirino potrà essere in certa misura non veritiera.
Chiaramente una copertura del 100% sarebbe sempre preferibile per un’accurata composizione dello scatto, ma questa è una caratteristica che appartiene perlopiù a macchine di gamma alta, alle full frame e ai modelli professionali. Le macchine entry level e quelle di fascia media di cui ci occupiamo qui si aggirano piuttosto su un 95% di copertura, con poche eccezioni.
Il display
In alternativa al mirino, possiamo sempre comporre lo scatto osservandolo attraverso il display posteriore della fotocamera, sebbene questo presenti alcuni svantaggi rispetto al mirino. Innanzi tutto, nella stragrande maggioranza dei casi la visibilità del display lascia molto a desiderare quando si scatta in condizioni di luce forte, ad esempio al sole in pieno giorno, mentre il mirino si riesce a vedere bene in qualunque situazione. In secondo luogo l’uso del display incide sulla batteria, e più a lungo lo teniamo acceso, più rapidamente ci ritroveremo con la batteria scarica.
Un display di buona qualità dovrebbe avere un elevato numero di punti, corrispondente a una risoluzione migliore e dunque ad un buon livello di dettaglio dell’immagine visualizzata. Le fotocamere reflex entry level hanno tipicamente un display da 3″ di diagonale con un conteggio di punti inferiore a 500.000, mentre le macchine di fascia più alta montano display leggermente più grandi (3,2″) con un numero di punti che può anche salire oltre 900.000.La copertura, a differenza di quanto accade con il mirino, è sempre del 100%.
Display touch
Sono piuttosto comuni, soprattutto tra le macchine di fascia medio-alta, i modelli dotati di display touch. Questo può essere particolarmente comodo in alcune situazioni, ad esempio quando si voglia selezionare in maniera rapida e intuitiva un punto o un’area di messa a fuoco: toccare direttamente i punti sul display è molto più rapido che non spostarsi da un punto all’altro usando il tradizionale tastierino direzionale.
Display mobile
Un’altra caratteristica delle macchine di fascia alta è quella di avere il display mobile, sebbene il grado di mobilità sia molto variabile. In molti casi il display slitta semplicemente in avanti, inclinandosi e facilitando dunque le inquadrature ben al di sotto dell’altezza del viso. In casi più rari come quello in foto qui sotto il display può anche venire ruotato completamente e può costituire quindi un aiuto nella composizione degli autoscatti.
La batteria
Dato che mirino e display possono incidere sull’autonomia della batteria della fotocamera reflex, riteniamo opportuno parlare qui proprio di questo argomento. Tutte le fotocamere reflex sono fornite con una batteria ricaricabile agli ioni di litio, ed è doveroso ricordare che è sempre possibile e raccomandato acquistare almeno una seconda batteria di scorta da utilizzare quando si scarica la prima, così da non essere costretti ad interrompere la sessione fotografica.
L’autonomia è espressa tipicamente in numero di scatti che si possono realizzare prima di dover ricaricare la batteria: indicativamente una batteria può durare dai 400 a oltre 800 scatti, a seconda del modello e delle funzioni che richiedono consumo energetico. Per questo non bisogna dare per scontato che macchine di gamma alta abbiano sempre batterie dall’autonomia maggiore: un maggiore dispendio energetico per funzioni più sofisticate si può tradurre in una minore autonomia.Le domande più frequenti sulle fotocamere reflex
La connettività è importante?
Non bisogna dare per scontato che tutte le fotocamere reflex siano equipaggiate con le stesse porte e connessioni, perché si rischia di rimanere delusi. Diciamo questo in particolare per due categorie di persone, ovvero coloro i quali intendono usare estensivamente la macchina anche per le riprese video e chi ha intenzione di usare la macchina con un comando remoto, sfruttando un treppiede.
I primi dovranno assicurarsi di scegliere un modello con ingresso audio per la connessione di un microfono esterno, indispensabile per la ripresa di suoni ambientali di qualità. Ai secondi potrà invece interessare la presenza o meno di connettività Wi-Fi, dato che questa, oltre che per il trasferimento delle foto, può essere usata anche per il collegamento di un comando remoto senza fili.
Un’altra curiosità presente però solo sui modelli di fascia medio-alta è il ricevitore GPS, utile per localizzare con precisione dove sono state scattate le nostre foto.
Quali sono le migliori marche di reflex?
Pochi settori sono polarizzati come quello della fotografia. Anche i meno esperti sanno benissimo dell’accesissima rivalità tra i due principali marchi produttori di fotocamere, ovvero Nikon e Canon, con fazioni di appassionati dell’uno e dell’altro campo agguerritissimi. Questo non significa però che non esistano altri marchi degni di nota. Altri brand cari agli appassionati sono Fujifilm, Panasonic e Pentax. In particolare, l’ultimo è specializzato in DSLR e dunque ha una gamma di prodotti molto più ristretta, ma offre alcuni modelli molto interessanti.
Certo nella scelta di una reflex bisogna considerare anche la reperibilità di ricambi, accessori e obiettivi, e riteniamo siano soprattutto questi fattori a dare un consistente vantaggio competitivo a Nikon e Canon rispetto agli altri brand.
Quanto costa una fotocamera reflex?
Il prezzo di una fotocamera reflex è uno degli elementi di maggiore rilievo ai fini dell’acquisto, dato che anche nel caso dei modelli entry level si tratta sempre di qualche centinaio di euro come minimo. Le fotocamere più economiche, quelle appunto destinate ai principianti, costano tra i 300 e i 500 €, sono vendute in bundle con un classico obiettivo 18-55 mm e sono relativamente semplici da usare, con funzioni di messa a fuoco assistita e svariate modalità “scena” tra cui scegliere.
Ad un prezzo compreso tra i 500 e i 1000 € circa troviamo invece macchine di fascia media, spesso vendute con il classico obiettivo 18-55 mm o con altri obiettivi più versatili. In questo caso le modalità “assistite” o automatizzate sono meno e si amplia invece il controllo sulle impostazioni lasciato al fotografo, che può scegliere su una scala più ampia di ISO e di tempi di esposizione.
Infine tra i 1000 e i 2000 € troviamo le migliori macchine non professionali, caratterizzate da una costruzione più solida, in materiali resistenti, impermeabilizzati e a prova di polvere, con un maggior numero di modalità di messa a fuoco e del flash. Salendo oltre la soglia dei 2000 € si incontrano le fotocamere reflex full frame, semiprofessionali e professionali, destinate a un pubblico ristretto di fotografi esperti.
Tendenzialmente, sappiate che le mirrorless sono più costose delle DSLR, per cui con lo stesso budget potenzialmente potete dotarvi di una macchina fotografica migliore (qualità audio-video, durata batteria, funzioni) se optate per le seconde, ma il mercato è in rapido aggiornamento da questo punto di vista.
Quale reflex comprare per iniziare?
La migliore scelta al giorno d’oggi è optare per le mirrorless, che sono idonee senza dubbio come reflex per principianti, dato che non sono di fatto delle reflex, ma consentono di approcciarsi a questo mondo. Sconsigliamo le reflex a pellicola, ma se subite il fascino del vintage e state muovendo i primi passi valutate l’acquisto di una macchina fotografica istantanea analogica.
Come si pulisce una reflex?
Le macchine fotografiche reflex tendono ad accumulare polvere e questa potrebbe compromettere la qualità delle foto. Se questa si accumula sul sensore, infatti, le immagini non risultano più nitide e presentano sempre più difetti. Molti modelli di fascia medio-alta dispongono di un sistema automatico di pulizia del sensore, che si attiva ogni volta che si accende o spegne la fotocamera. In questo caso, durante i pochi secondi dedicati alla pulizia è fondamentale mantenere il corpo macchina perfettamente parallelo al pavimento, dato che in caso contrario la polvere finirebbe su altri componenti interni. Per effettuare una pulizia profonda, il fai da te non è mai particolarmente consigliato, soprattutto se non si ha già esperienza nel settore: ci si può piuttosto affidare a un centro autorizzato del produttore di cui avete comprato la macchina, dove si effettuano manutenzioni regolari di ogni tipo. Se invece si preferisce operare autonomamente, la prima cosa da fare è dotarsi di un kit apposito che in genere contiene almeno una pompetta ad aria, un pennello e un panno in microfibra.
Per pulire la scocca esterna, il mirino e lo schermo LCD si può semplicemente usare il panno leggermente inumidito con poche gocce d’acqua (i liquidi per schermi lasciano spesso aloni e vanno evitati). Per quanto riguarda il sensore, è importante che la fotocamera rimanga sempre dritta. Una volta rimosso l’obiettivo, va usata il più possibile la pompetta ad aria per rimuovere la polvere presente. Si sconsiglia l’uso di una bomboletta di aria compressa, la cui pressione è troppo alta e può lasciare residui di umidità nei componenti interni, un pericolo molto maggiore della polvere. In generale, per prevenire il più possibile accumuli di polvere, si consiglia di prestare particolare attenzione ogni volta che si cambia obiettivo, dato che è proprio durante questa operazione che la maggior parte della polvere ha accesso al sensore.Vileda r-MicroTuff è un panno in microfibra fabbricato con materiali 100% riciclati ed è etichettato Nordic Swan (sostenibilità ambientale del prodotto per tutto il suo ciclo di vita). Gli altri panni potrete utilizzarli per pulire gli schermi di TV e computer e altri oggetti delicati, come lo smartphone e gli occhiali.
Ciao,sto per comprare la mia prima reflex e sono indecisa tra la sony alpha 68 e la Nikon D5600 (ma non ha lo stabilizzatore d’immagini),quale prendo?
È difficile dare un consiglio sulla primissima reflex, dato che esistono anche differenze importanti nelle lenti e nella gestione dei colori, elementi molto soggetti a preferenze personali. Tuttavia, possiamo dire che la Sony Alpha 68K 18-55 è sicuramente un ottimo prodotto che sfrutta un hardware di qualità.
dovrei acquistare una reflex per ritrarre animali selvatici/ safari cosa mi consigliereste spesa € 800/900 che sia robusta e restata a polvere e piogg
Per quanto resistente una reflex non può essere esposta a polvere e pioggia senza adeguate protezioni. Inoltre sono necessari obiettivi particolari per ritrarre animali da una certa distanza e dovresti spendere cifre molto più alte rispetto al tuo budget. Per un prodotto pratico puoi orientarti su una action cam, come la Sony FDR-X3000R, molto resistente e con un’ottima risoluzione.