I migliori brandy del 2024

Confronta i migliori brandy del 2024 e leggi la nostra guida all'acquisto.

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Dati tecnici

Provenienza

Francia

Spagna

Spagna

Francia, Fins Bois e Petite Champagne

Italia

Tipo

Armagnac

Brandy de Jerez

Brandy de Jerez

Cognac

Stravecchio

Grado d'invecchiamento

V.S.O.P.

X.O.

Solera Gran Reserva

V.S.

n.d.

Invecchiamento minimo

4 anni

12 anni

15 anni

3 anni

3 anni

Note

Vaniglia, pinoli tostati, cioccolato, ciliegia, nocciole

Noci, nocciole, fichi secchi, caramello, mandorle legno

Caffè, prugne, caramello, scorza d'arancia

Frutta matura, caramello, vaniglia, gelsomino

Vaniglia, miele, datteri

Sapore

Fruttato, aromatico

Setoso, speziato

Fruttato, robusto

Fruttato, floreale, delicato

Vellutato, armonioso

Gradazione

40%

40%

40%

40%

38%

Contenuto

70 cl

70 cl

70 cl

70 cl

70 cl

Punti forti

Blend realizzato con brandy invecchiati tra 10 e 20 anni

Invecchiato per almeno 12 anni

Invecchiato 15 anni in botti di sherry

Ideale per cocktail

Buon rapporto qualità-prezzo

Ideale da gustare liscio o in un cocktail

Gradevoli note di frutta secca

Ottimo per accompagnare i dessert

Gusto fresco e floreale

Eccellente da gustare assieme a un espresso

Elegante bottiglia in stile basco

Maturato in botti di Amontillado

Buon rapporto qualità-prezzo

Punti deboli

Non ideale da gustare in purezza

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Come scegliere il brandy

Il brandy è spesso considerato la bevanda più sofisticata di tutte, un distillato “da meditazione” da degustare dopo cena assieme ad un sigaro. Nonostante la reputazione di drink pregiato ed elitario, il brandy è in realtà un distillato alla portata di tutti sia in termini di prezzo che di gusto, poiché oltre ad essere ottimo da gustare liscio, si presta magnificamente ad essere utilizzato nella preparazione di cocktail alla stessa maniera del whisky o di altri distillati meno “nobili” come il gin, il rum e la vodka. Per questo motivo, una bottiglia di brandy non dovrebbe mai mancare nell’angolo bar di ogni appassionato di cocktail e rappresenta inoltre un ottimo regalo da fare agli intenditori di distillati.

brandy
In questa guida all’acquisto scopriremo tutto quello c’è da sapere sul brandy, a partire dalla sua storia e dal metodo di produzione, per concludere con i nostri consigli su come degustarlo.

Breve storia del brandy

L’origine del brandy viene fatta risalire al XVI secolo, quando i mercanti di vino olandesi ebbero l’idea di distillare i loro vini in alambicco per rimuovere tutta l’acqua presente nel liquido. La rimozione dell’acqua doveva servire ai mercanti per trasportare maggiori quantità di vino sulle loro navi, a cui poi avrebbero dovuto aggiungere altra acqua una volta giunti a destinazione per diminuire la gradazione alcolica della bevanda. Il vino distillato fu dunque trasportato in botti di legno ma, una volta aperto, i mercanti si accorsero che dopo questo lungo periodo di conservazione il liquido non era più un vino ma una bevanda dal colore, sapore e aroma completamente diversi. Per via di queste caratteristiche la bevanda prese il nome di brandewijn, o vino bruciato, successivamente tradotto dagli inglesi in brandywine e poi abbreviato in brandy. Questa scoperta permise ai commercianti olandesi di aumentare i loro guadagni offrendo ai propri acquirenti uno spirito molto più pregiato e quindi più costoso.

brandy pregiato
Le tecniche di distillazione e invecchiamento di questo spirito si sono perfezionate nei secoli e, come è avvenuto per gli altri grandi distillati, negli ultimi vent’anni si è potuto assistere a un vero e proprio boom delle distillerie artigianali e alla riscoperta del brandy da parte delle nuove generazioni di consumatori. Ma per capire meglio cosa renda questa bevanda così speciale, andiamo a scoprirne insieme le caratteristiche.

Metodo di produzione

Come abbiamo visto, il brandy è uno spirito ricavato dalla distillazione del vino e dall’invecchiamento in botte, poi imbottigliato a un volume minimo del 36%.
In senso stretto, la denominazione di brandy può essere applicata solo ai distillati del vino, motivo per cui tecnicamente la grappa, essendo ricavata da un sottoprodotto del vino (le vinacce avanzate durante la vinificazione) non può essere considerata un brandy. Tuttavia, al di fuori dell’Unione Europea il termine brandy viene utilizzato per commercializzare anche i distillati ricavati sia da vinaccia d’uva che da altri tipi di frutta, come ad esempio le mele o la pesca.

brandy produzione
I migliori brandy sono solitamente ottenuti distillando vini bianchi molto acidi, con bassa gradazione alcolica e aromi neutri, come ad esempio il Trebbiano, molto utilizzato nei brandy italiani. Non bisogna però pensare che il vino utilizzato per fare il brandy sia lo stesso vino che acquistiamo in bottiglia. Si utilizza invece il vino base, cioè una sostanza prodotta da un unico processo di fermentazione (mentre il vino da tavola viene rifermentato) delle uve ancora verdi, per evitare che le bucce rilascino fenoli e inneschino il processo di ossidazione. A questo punto il vino base ha un volume del 10-12% ed è pronto per essere distillato.

Distillazione

La distillazione è cruciale per la creazione del brandy perché permette di concentrare l’alcool ma anche di regolare i composti aromatici grazie alle reazioni chimiche che vengono innescate dal calore. Questo procedimento avviene in alambicchi a ciclo discontinuo o, meno spesso, in alambicchi a colonna. La prima è realizzata in lotti e perciò permette di lavorare quantità piccole o medie di liquido, ma di ottenere un prodotto più aromatico, mentre il secondo metodo è ideale per la produzione industriale di distillati ed è utilizzato principalmente dai produttori americani.

brandy distillazione
La distillazione del brandy prevede due fasi: all’inizio l’alambicco viene riscaldato in modo da separare l’acqua dall’alcool etilico del vino base; l’etanolo, infatti, evapora a una temperatura inferiore rispetto a quella dell’acqua. Quando l’etanolo esce dall’alambicco sotto forma di vapore alcolico ha un volume di circa 30% ed è pronto per essere concentrato, raffreddato e portato allo stato liquido. A questo punto inizia una seconda distillazione che permette la rettificazione del liquido, cioè l’eliminazione di composti sgradevoli. Il distillato infatti è composto da tre parti: la prima a uscire dall’alambicco è la testa, che contiene alcool metilico (dannoso per la salute) e ha un odore molto pungente, e l’ultima è la coda, la parte più oleosa. Il distillatore del brandy ha il compito di separare la testa e la coda dal cuore del liquido, cioè la parte centrale più aromatica che costituirà il prodotto finale.

Invecchiamento

Dopo la seconda distillazione, il brandy ha un volume di circa 70% e viene messo in botti di quercia e lasciato maturare, passaggio fondamentale del processo di produzione. La maggior parte dei brandy consumati oggi, anche quelli di buona qualità, vengono invecchiati per meno di 6 anni, tuttavia alcuni brandy pregiati sono invecchiati per più di 50 anni. Man mano che il brandy invecchia assorbe i colori del legno, assumendo tinte ambrate o ramate, e i sapori dalla quercia, mentre la sua struttura si ammorbidisce diventando meno astringente.
Come per altri distillati, i brandy realizzati con metodi industriali non subiscono un processo di invecchiamento troppo prolungato e rigoroso, ma ricavano le loro tinte dorate dall’aggiunta di colorante al caramello subito prima dell’imbottigliamento.

Miscelazione

Una volta che il liquido ha terminato la sua maturazione, il mastro distillatore selezionerà brandy provenienti da botti diverse per valutarne le caratteristiche individuali. Poi, a seconda dello stile finale che desidera ottenere, miscelerà meticolosamente i diversi brandy più e più volte fino a raggiungere il giusto equilibrio di aromi e sapori. In definitiva, il blend di ogni brandy dipende esclusivamente dal palato e dall’olfatto del mastro distillatore, motivo per cui questa figura deve avere anni e anni di esperienza alle spalle. Pur non essendo obbligatoria, la miscelazione è una pratica ampiamente utilizzata nella realizzazione dei brandy e rappresenta l’ultimo passaggio prima dell’imbottigliamento.

brandy miscelazione

Imbottigliamento

Dopo l’invecchiamento, il brandy maturo viene diluito con acqua per ottenere la gradazione alcolica desiderata (tra il 36 e il 60%). Non è infrequente che durante questa fase i produttori aggiungano anche una piccola percentuale di zucchero per ammorbidire il sapore del distillato. A questo punto le bottiglie sono pronte per essere etichettate, andiamo perciò a vedere come interpretare le diverse diciture.

Classificazione dei brandy

Le principali indicazioni che è possibile trovare sull’etichetta del brandy riguardano la sua provenienza e il grado di invecchiamento.

Origine geografica

Essendo distillati a partire dal vino, la maggior parte dei brandy provengono da paesi o regioni con un’importante tradizione vinicola, a cui in alcuni casi è legata anche una denominazione d’origine. Vediamo le più importanti:

  • Cognac: è il rinomato brandy prodotto nella regione francese attorno alla città di Cognac. È realizzato seguendo metodi molto rigorosi riguardo al tipo di vitigno, di alambicco e persino di quercia utilizzata per l’invecchiamento;
  • Armagnac: quest’altro celebre distillato francese prende il nome dall’antica contea di Armagnac, il territorio storico in cui è stato inventato. La produzione di armagnac prevede una singola fase di distillazione ed avviene in uno speciale alambicco a colonna detto “armagnacchese”. Il risultato è un distillato dal gusto più intenso rispetto a quello del cognac;
  • Brandy de Jerez: questo brandy può essere prodotto solo nella zona di Jerez in Andalusia. Si distingue perché è ricavato da uve bianche coltivate esclusivamente in Spagna ed è invecchiato in botti che precedentemente contenevano sherry. Anche il Brandy de Jerez è soggetto a severe regolamentazioni da parte del governo del suo paese, che stabilisce gli standard per i vitigni e il tempo di invecchiamento;
    brandy de Jerez
  • Stravecchio: lo stravecchio è un tipo di brandy prodotto nell’Italia settentrionale sin dal XVIII secolo utilizzando uve di vitigni popolari come il Sangiovese. I marchi più noti sono Vecchia Romagna, Stock 84 e Stravecchio Branca;
  • Metaxa: questo nome identifica sia il tipo di brandy che il marchio che lo produce. È realizzato con uve greche e successivamente addolcito con uva moscato (a cui deve il suo sapore dolce) delle isole di Samo e Lemno , petali di rosa ed erbe aromatiche;
  • Pisco: le origini di questo distillato sono contese tra Cile e Perù. Anche per produrre il pisco vengono utilizzate uve moscato, ma la particolarità di questa acquavite sta nel fatto che viene imbottigliata subito dopo la distillazione, perciò senza essere stata invecchiata;
  • Calvados: si tratta di un brandy prodotto in Normandia e distillato dal sidro di mele o di pere.

Molte aziende produttrici di brandy sono inoltre situate in California, Sudafrica, Armenia e Cipro.

Grado di invecchiamento

Per i brandy tutelati da marchi di qualità DOP o IGP, l’etichetta non indicherà l’anno di distillazione bensì la durata della maturazione in base a precise denominazioni legali, mentre in altri casi sono utilizzate denominazioni non ufficiali. Vediamo le più importanti:

  • V.S. (very special) o ✯✯✯: l’acquavite più giovane utilizzata nel blend è stata invecchiata per almeno due anni;
  • V.S.O.P (very superior old pale) o Reserve: il distillato più giovane della miscela è stato invecchiato per almeno quattro anni;
  • X.O. (extra old): il blend contiene un’acquavite invecchiata almeno 10 anni;
  • Hors d’age: oltre i 10 anni di invecchiamento si utilizza questa dicitura, in particolare per i brandy francesi;
  • Solera, Solera Reserva e Solera Gran Reserva: sono denominazioni usate per i brandy de Jerez invecchiati rispettivamente per un minimo di sei mesi, un anno e tre anni con lo speciale metodo di invecchiamento e miscelazione solera, originariamente utilizzato per lo sherry.
    brandy VSOP

Come si beve il brandy?

Dopo aver approfondito gli aspetti più importanti da conoscere per poter scegliere il proprio brandy, è il momento di capire come lo si deve consumare per poterlo apprezzare al meglio. Gli intenditori di brandy sostengono che l’unico modo per degustare questo distillato sia liscio in uno speciale bicchiere chiamato snifter o ballon, ovvero un bicchiere con il fondo largo e il collo stretto che permette di “intrappolare” gli aromi e aspirarli più facilmente attraverso le narici.

brandy snifter
Inoltre, per preservare gli aromi del brandy questo non dovrebbe mai essere consumato in ghiaccio. Gli esperti consigliano invece l’opposto, cioè di riscaldare leggermente il bicchiere per sprigionare l’intero profilo aromatico del distillato e migliorare così la propria esperienza di degustazione. Per farlo avete tre possibilità:

  • Avvolgere il bicchiere con la mano per riscaldarlo grazie al calore corporeo;
  • Tenere il bicchierino di brandy vicino (ma non troppo) alla fiamma di un fornello;
  • Versare dell’acqua calda nel bicchiere e, una volta rimossa, aggiungere il brandy.

Si dovrebbe inoltre evitare di roteare il bicchiere durante il riscaldamento per non influenzarne negativamente gli aromi. Per finire, se volete abbinarlo a dei cibi per non consumarlo a stomaco vuoto, raccomandiamo di accompagnarlo con degli snack come cubetti di Parmigiano a lunga stagionatura, cioccolato fondente o albicocche secche.

Si può usare il brandy nei cocktail?

Come abbiamo detto all’inizio di questa pagina, il brandy si presta benissimo per la realizzazione di cocktail, ma dal momento che gli altri ingredienti rischiano di mascherare gli aromi più sottili di questo distillato, consigliamo di non acquistare un brandy particolarmente pregiato per questo uso. Per quanto riguarda invece le bibite analcoliche a cui abbinarlo, è meglio evitare qualsiasi tipo di bevanda gasata: essendo il brandy un derivato del vino, i due sapori tendono infatti a non mischiarsi bene.
Se avete bisogno di spunti per preparare un cocktail a base di brandy, ecco le ricette preferite dalla nostra redazione:

Sidecar

Questo storico cocktail nato a Parigi prevede l’uso di cognac o armagnac. Versate dei cubetti di ghiaccio in uno shaker e aggiungete 50 ml di brandy, 20 ml di liquore all’arancia (Cointreau o Grand Marnier) e 20 ml di succo di limone. Servitelo in una coppetta da cocktail e guarnitelo con una scorza d’arancia.

Alexander

Il brandy alexander è uno dei cocktail dolci più amati di sempre ed è perfetto per il dopocena. Per preparalo, mischiate 30 ml di brandy (meglio ancora se cognac), 30 ml di crema di latte o panna fresca e 30 ml di liquore al cioccolato. Versatelo in una coppetta da cocktail precedentemente raffreddata e aggiungete una spolverata di noce moscata.